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In Italia SOLO nel 1975 è stato introdotto il nuovo diritto di famiglia che ha abolito la potestà maritale e ha assegnato a entrambi i coniugi pari diritti. SOLO nel 1981 è stato abolito il delitto d'onore, secondo il quale chi uccideva il coniuge nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onore suo o della famiglia aveva diritto ad attenuanti, e il matrimonio riparatore che precedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla. Queste note fanno da cornice a un toccante racconto di violenza e atrocità domestiche dalle quali la protagonista riuscirà a sfuggire solo con anni di dolore, lotta e paura. L'amore non può fare male.
Una testimonianza che fa soffrire, riflettere ed entrare nella mente di chi è intrappolato nel vortice della violenza.
Si chiama dolore, ha mille abiti ma un solo odore. Si chiama femminicidio, e significa che ti uccidono perché sei donna. Non so se è il nome più corretto e nemmeno se un nome fosse davvero necessario per identificare un fenomeno che esiste da sempre. Quello che so è che, come tutte le cose che un nome lo possiedono, esiste, ha delle origini, una cultura, delle motivazioni, troppe vittime ma quasi mai una vera giustizia. L’unica cosa che devi fare è quella di portare in salvo la tua vita senza sentirti in colpa. Hai diritto di essere trattata con rispetto...
Recensioni
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Vincitore del Premio Rapallo Carige 2016.
Una storia profonda in cui dal dolore fiorisce la speranza. In cui l’amore fa male, ma la voglia di tornare a essere felici è più potente di tutto. Perché non c’è ferita che non possa essere rimarginata.
«Sara Rattaro ha una sensibilità che si infila tra le pieghe dei racconti.» -
Elle
«Un’autrice che ha conquistato il consenso di critica e pubblico.» -
La Repubblica.it
«Sara Rattaro è amatissima dai lettori.»
- Corriere della Sera.it
Tutto comincia più o meno quando nasciamo: insieme a noi prende forma quel sudario che è l’educazione culturale nel quale veniamo avvolti dal primo vagito. Chiusi nel recinto del gioco delle parti, impariamo subito a stare al proprio posto: i maschietti tutti da una parte a giocare con le ruspe, le femminucce tutte dall’altra a pettinarsi e a usare il ferro da stiro, tali e quali alla mamma. Da questo momento in poi tutto prende forma naturalmente: la cucina è il luogo connaturato delle femminucce. Il posto di lavoro fisso e ben retribuito è il luogo connaturato dei maschietti. La famiglia è il luogo da sempre adibito a scrigno dei segreti dove si consumano sovranamente i giochi di ruolo dei maschietti e delle femminucce, diventati adulti.
È il 1956 quando al marito, che ha il diritto di colpire la moglie se, a suo giudizio, commette errori nell’educare i figli, la Corte di Cassazione proibisce questa prerogativa. Siamo in Italia e le donne possono essere colpite tra le mura domestiche nella piena legittimità dello Stato.
Emma è una giovane studentessa quando, alla fine degli anni Ottanta, lascia gli studi e la sua famiglia per iniziare a lavorare, per seguire un amore folle: un uomo più grande di lei di vent’anni che la accoglie in casa. Emma è giovane, è una donna che convive senza il permesso dei genitori, è una donna che fa la designer e ama il suo lavoro, l’ha scelto seguendo i suoi sogni e le sue abilità, viaggia per l’Europa, guadagna e ottiene riconoscimenti. Emma gioca a fare la donna emancipata. In Italia. Alla fine degli anni Ottanta.
È il 1975 quando la potestà maritale viene abolita e a entrambi i coniugi vengono assegnati pari diritti.
La relazione di Emma con Tommaso, l’uomo con cui convive da dieci anni, è destinata a finire. Così, nel bel mezzo del suo successo lavorativo, ricomincia dolorosamente a costruirsi una nuova vita. Cercando di farsi spazio nell'orgoglio ferito, incontra Marco: un amore veloce, folle, forse un po’ il ripiego di tanta sofferenza. Eppure Marco fa leva sull’animo ribelle, anticonformista e un po’ controcorrente di Emma: si sposano all’improvviso, di nascosto da tutti, senza quasi conoscersi.
È il 1981 quando viene abolito il delitto d’onore: la legge attenuava dai tre ai sette anni, tutti quei delitti compiuti contro il coniuge, la figlia o la sorella in uno stato d’ira mosso da un’offesa contro il capofamiglia o il suo decoro sociale. Siamo in Italia, e solo trentacinque anni fa il nostro Paese basava le fondamenta della sua società sul patriarcato, considerando un omicidio di serie b quello contro le donne.
Ben presto Emma scopre che l’uomo che ha sposato non è un folle innamorato un po’ eccentrico. Un evento traumatico nella vita di Marco scatena quella che sarà la sua patologia da lì ai prossimi sei anni a venire. Marco è un uomo malato e inizia, giorno dopo giorno, a togliere un pezzo di libertà a sua moglie. Da questa unione nasce quasi subito una bambina: la scusa migliore per andare qualche settimana in montagna per riposare un po’. E non fare più ritorno alla vita, per sei lunghissimi anni.
È ancora il 1981 quando viene messo al bando il matrimonio riparatore: la possibilità di evadere il reato di violenza carnale su una minorenne acconsentendo a sposarla, così da riparare all’onore della famiglia.
Le violenze di Marco non sono solo violenze fisiche. Sono quelle psicologiche, impercettibili, che logorano la testa e l’animo di Emma, giorno dopo giorno. Sono violenze distillate, precise, puntuali, le sevizie del corpo niente hanno da invidiare a quelle della mente. La libertà di quella che era una donna autonoma e sovrana della propria vita, viene amputata lentamente, con la precisione di un dissanguamento quotidiano. Quando le giustificazioni sono finite, l’accondiscendenza non ha più spazio, la paura ha scavalcato la paralisi, si può attendere il colpo finale. Oppure si può far appello al grido ultimo della sopravvivenza.
È il 1996, solo venti anni fa, quando la violenza sessuale viene riconosciuta ufficialmente con la legge numero 66 come un crimine contro la persona e non più contro la morale pubblica.
Bisognerà aspettare invece il 2001 perché la legislazione italiana ammetta per la prima volta la tutela contro le violenze nelle relazioni familiari.
Il libro di Sara Rattaro nasce da un’urgenza, non potendo più restare silente tra le pagine di un diario nascosto. È fuoriuscito dal dolore tenuto per troppi anni segreto, desideroso di prorompere davanti agli occhi di tutti. Un’altra delle tante storie spiegazzate, strapazzate e storpiate dai media, dai talk show, dai rotocalchi rosa. Stanchi e quasi assuefatti ci siamo abituati alla parola femminicidio, tanto da scrollare le spalle e darlo come dato di fatto dei nostri usi e costumi. C’è un uomo e c’è una donna, la storia più antica del mondo. C’è un uomo più forte della donna. C’è una donna più debole di un uomo. Che il primo possa stropicciarla, sgualcirla, ferirla, umiliarla, limitarla, è sempre la storia più antica del mondo. Che questa un giorno cominci a riassestare gli equilibri delle forze, urlandolo a voce altra, è questa la nuova storia. La storia di una libertà monca, accettata per millenni, che ora pretende un’uguaglianza e un rispetto senza confini, in nome di chi per secoli non avrebbe nemmeno potuto pronunciarla, la propria storia… la storia di Emma, la storia di donne, ragazze e bambine. Ma anche la storia di uomini che sono figli, fratelli, padri.
Un libro morbido nella sua stesura, un racconto vero depositato dalla voce e dai diari di “Emma” e regalato silenziosamente dall’autrice che quasi scompare dietro alla donna che l’ha illuminata. Accanto al susseguirsi degli eventi che camminano con le loro gambe, Sara Rattaro cuce delicatamente i suoi capitoli con piccole incursioni, frasi di commento che solo le appartengono, per dare equilibrio a due voci: la sua e quella di chi ha voluto regalare al mondo il racconto di una violenza remota e universale, tanto impetuosa nella violenza della sottomissione, quanto furiosa nella volontà di distruggerla.
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