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Se l’autorità statale è debole, se il consenso è in crisi, se il sistema partitico pur di consolidare il proprio potere è disposto a seguire vie lontane da quelle previste dalla Costituzione e dalle leggi, si crea lo spazio per un altro sistema politico: il sistema criminale delle mafie.
«È evidente il messaggio: per fermare le mafie (ammesso che si voglia farlo) serve una strategia globale di contrasto» - La Repubblica
Oltre un ventennio ci separa dalle stragi di Capaci e di via D'Amelio del 1992 e da quelle di Firenze, Milano e Roma del 1993. Una tragedia nazionale che allora sembrò scuotere definitivamente le coscienze e provocare una reazione finalmente determinata dello Stato contro la mafia. Eppure, la mafia è rientrata in una fase di integrazione con articolazioni del potere legale, economico e politico che condiziona l'intero Paese. Occorre quindi interrogarsi sulle ragioni per cui, dopo il decennio alto dell'antimafia giudiziaria seguito alla stagione stragista del 1992-93 (che ha raggiunto, sul piano repressivo, risultati senza precedenti), la mafia sia tornata a essere forte sul territorio. Per rispondere a questo interrogativo, è necessario volgere indietro lo sguardo e ripercorrere una serie di tappe che prendono le mosse dalla strage di Portella della Ginestra, il 1° maggio 1947, e arrivare fino a oggi. La tesi che emerge in queste pagine è che le mafie - quella siciliana come le altre - non sono tanto il prodotto di una arretratezza economica e culturale, di una mentalità arcaica, quanto di una specifica caratteristica della società e dello Stato. Cosa nostra è una organizzazione criminale che ha affermato in maniera sostanzialmente indisturbata la propria 'sovranità' di Stato illegale su un territorio ben determinato, che è quello della Sicilia occidentale e che ha in Palermo la sua capitale. Come tutti gli Stati, anche Cosa nostra ha una sua politica interna, che si attua nell'ambito di una costituzione formale (e, quindi, di una struttura con organi gerarchicamente ordinati), e un suo ordinamento giuridico con un sistema compiuto di istituti, norme e sanzioni. E ancora, come tutti gli Stati, pure Cosa nostra ha una sua storia, intessuta di trame e conflitti, che modifica continuamente le relazioni esterne. La mafia non costituisce, dunque, una semplice anomalia del nostro Paese, ma l'esplicazione di un modello di sviluppo inquinato e inquinante che frena e ostacola lo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Caselli e Lo Forte, due cognomi eccellenti, due autori che hanno saputo ricostruire in questo libro, la perversione di uno stato illegale. Uno stato criminale che si erge dagli errori dello Stato e di come lo conosciamo. La criminalità organizzata nelle sue varie sfaccettature che sopravvive dalla storia dell'Italia e incancrenisce la vitalità del suo popolo.
“La forza della mafia risieda non solo nella sua organizzazione interna, ma anche e soprattutto nelle relazioni esterne”: è uno degli assunti principali di questo libro scritto da due magistrati, Caselli e Lo Forte, protagonisti del contrasto alle mafie. Il libro ripercorre i rapporti tra mafie e politica, tra mafie ed economia, tra mafie e istituzioni, arrivando anche a spiegare come la Trattativa Stato-mafia oggetto di un particolare processo istruito a Palermo altro non è che la regola invalsa da tempo all'interno della nostra Repubblica, seppure con distinguo dovuti a tempi e vicende. Un libro importante per la comprensione della nostra realtà.
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