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Mani pulite non è stata soltanto un'inchiesta che ha rivoluzionato la politica in Italia. È stata soprattutto una stagione di grandi illusioni: l'illusione della fine della corruzione e degli intrighi, l'illusione secondo cui i magistrati erano i vendicatori della società civile contro una politica marcia. A costruire questa mitologia furono la carta stampata e le televisioni. E questa è la loro storia.
Trent'anni fa un giovane giornalista del «Corriere della Sera» viene assegnato alla sala stampa del palazzo di giustizia di Milano. Siamo nel 1992 e la grande Storia ha deciso di mettersi improvvisamente in movimento e di farlo proprio a partire da qui. Nasce Mani pulite e a raccontarla è una banda di giornalisti ragazzini, i ‘mozzi' delle diverse redazioni lasciati a seguire quelle che in un primo momento erano apparse come indagini senza futuro. Come un romanzo di formazione, li vediamo confrontarsi con i protagonisti di quei giorni, alle prese con la ruvida genialità di Di Pietro e le enigmatiche strategie di Borrelli, gli iperbolici paradossi di Davigo e l'amara saggezza di Colombo. Attorno, imprenditori e politici, avvocati e spioni, faccendieri e boiardi compongono una polifonia che non fa sconti su errori e orrori, dagli eccessi negli arresti alla catena di suicidi. Un'Italia dove si staglia la figura drammatica di Craxi e già emerge quella affabulatrice di Berlusconi; l'Italia scossa dagli attentati a Falcone e Borsellino e dalle stragi del '93; quella della gogna per la Prima Repubblica in diretta tv al processo Cusani. È un racconto che abbraccia la vita di redazione di un grande giornale e le avventure sulle tracce dei latitanti di Santo Domingo. Trent'anni dopo, sarà solo la delusione di un gioco a somma zero.
Una storia di mani pulite sub specie giornalistica. Ben scritto, di lettura piacevole. Spiacevolissime, e vere, le conclusioni, nell'epilogo: un paese immaturo, sfigurato, ridotto a paesaggio di deserto civile. Un posto, "bello e inutile", da rifondare completamente, e per il quale ci vorranno generazioni e generazioni, prima che si ritrovi un senso di comunità, e si abbandoni la struttura di mera somma di selvaggi interessi di parte sempre in guerra tra loro. Il problema, scrive Buccini, infatti, "siamo noi".
Sì, un libro necessario per guardare con occhi distaccati il punto di vista di chi, al contrario, era coinvolto quotidianamente in quel terribile periodo di disfatta politica, economica e morale. Purtroppo nulla è stato più come prima, ma la situazione non è assolutamente migliorata. Buccini racconta tutto con una cura linguistica e strutturale che contraddistingue perfettamente la sua penna. Da leggere e da non dimenticare.
Questo testo è una lettura dolorosamente necessaria per chi ha vissuto il terremoto di mani pulite con la speranza che fosse il preludio di tempi migliori. La Storia, purtroppo, ha dimostrato che buona parte di quell'entusiasmo era ingiustificato, e le conseguenze di quegli anni tumultuosi molto diverse da quelle che molti auspicavano. Con la lucidità di chi visse quegli anni "dall'interno", il libro aiuta a ricostruirne i fatti e le dinamiche alla luce del presente.
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