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Pur essendo amante del folclore e in particolare dei lupi mannari, in genere quando vedi un titolo così ti aspetti un determinato genere di libro. Un po' "modaiolo", un po' fantasy, non troppo profondo, che non faccia riflettere troppo e di facile lettura. Quasi da ombrellone. E invece ti ritrovi a leggere un piccolo capolavoro di letteratura. Ammetto che i primi capitoli ero veramente stranita, sia dal modo di scrivere diretto e senza peli sulla lingua, sia appunto dal come la storia stava venendo raccontata. Poi ho finito per innamorarmene. Io lo consiglio a chiunque. Nel genere (e non solo) è una piccola gemma nascosta e che è passata in sordina (infatti io l'ho scoperto nel 2019!). Non vedo l'ora di leggere il seguito.
Non è il solito fantasy, infatti ci metti un pò di più ad entrare nella storia, lo stile è complesso rispetto a quello dei tipici fantasy moderni (es:shadowhunters) molte citazioni, in alcuni punti è quasi filosofico, trama particolare. Sarebbe potuto finire benissimo così, ma so che è una trilogia, quindi leggerò anche i due volumi seguenti.
Bello. Lo stile letterario di Duncan non è comune nell'horror. Un romanzo di "introspezione mannara", con flashback, citazioni e gusto minimalista (a tratti ricorda Ellis). Prima parte del libro assolutamente godibile; la seconda arranca, funestata da quell'inevitabile romanticismo che ha ormai contagiato il genere horror. Per fortuna Glen Duncan non è Stephanie Meyer. Non ha paura di sporcarsi le mani. Prova invece un certo gusto nella contaminazione: licantropia, politica, pornografia. Scorretto e esistenziale quanto basta per inidirizzarsi ad un pubblico eterogeneo.
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