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Consiglio vivamente questo libro a tutti coloro che non smettono di porsi domande sul nazismo e sulla Shoah.
Un libro che fa male, anche fisicamente, leggere. La storia è quella del Battaglione 101, un gruppo di riservisti (appartenenti cioè ad una di quelle classi in congedo, fra cui semplici civili che hanno svolto servizio di leva, che possono essere richiamate durante la guerra) che fra l'estate del 1941 e il 1943 si è reso responsabile della morte di circa 85.000 persone. Il 101 era perlopiù composto da uomini di mezz'età che fino a poco tempo prima della spedizione polacca appartenevano al ceto medio tedesco, operai e commercianti soprattutto. Ebbene questi "uomini comuni", fra i quali non erano preponderanti sentimenti antisemiti, furono capaci di fucilare migliaia di persone, anche bambini, la cui unica colpa era quella di essere ebrei. Le motivazioni delle loro azioni vanno dall'usuale tiritera sugli ordini da eseguire, alla spinta conformistica (il timore di perdere la faccia ai propri compagni) fino ai più articolati espedienti morali con cui giustificarsi, in primis a se stessi, con soldati che pensavano che il destino degli ebrei fosse in ogni caso segnato o che uccidevano solo bambini per liberarli(sic) dalla triste condizione di vivere senza genitori. L'autore nel finale si sofferma su quanto possano aver influito le determinanti situazionali, operando dei parallelismi con i pionieristici, e inquietanti, risultati degli esperimenti di Milgram e Zimbardo.
Una ricerca storica precisa e onesta su un "mistero" che a oggi lascia molti storici incerti: come si siano potute sviluppare le altrocità della Shoah dal popolo più raffinato d'Europa. Assolutamente da leggere, per quanto a mio avviso le risposte dell'autore mettono in un luce soltanto una parte della terribile complessità del fenomeno Nazismo. Ma non è nelle intenzioni del libro offrirne un'immagine esaustiva.
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