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saggio breve ma estremamente denso del grande scrittore austriaco, fondamentale per comprendere l'opera maggiore: l'Uomo senza qualità. Fulminante il passaggio di Rilke e i cannibali. Un piccolo testo imperdibile per tutti gli appassionati di Musil.
A pag. 65 di questo densissimo saggio, Musil scrive: "Sosterrò che un cannibale, trapiantato da piccolo nell'ambiente europeo, verosimilmente diverrebbe un buon europeo, e il sensibile Rilke sarebbe diventato un buon cannibale, se un destino a noi avverso l'avesse gettato da piccolo tra la gente del Mare del Sud". A me sembra che, mentre la seconda affermazione è vera, la prima è falsa. Mi stupirebbe moltissimo che Rilke, tra i cannibali, scrivesse le " Elegie di Duino", mentre non mi stupirebbe affatto che il buon cannibale, divenuto un raffinato europeo, nel corso di un elegantissimo pranzo in un club londinese tra i più esclusivi, in un improvviso rigurgito di atavismo, scannasse con la mannaia tutti i commensali per cibarsene. Tutto questo ha un motivo: mentre l'educazione dei Mari del Sud è molto vicina alla natura, essa diviene ben presto un fatto interiore, tale da tramandarsi col sangue, e non sono necessarie molte costrizioni per apprendere il cannibalismo; la raffinatezza occidentale, invece, è esclusivamente frutto della civilizzazione, cioè della costrizione, che è un atto di violenza contro la natura, e rimane sempre un fatto estraneo alla nostra costituzione morale più profonda, la quale non cessa mai di opporvisi. In altre parole, la belva che è in noi può saltar fuori in qualsiasi momento. Non così il grande poeta.
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