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sfizioso e interessante, solo per chi ama la punteggiatura
Fa piacere l’entusiasmo di alcuni lettori, ed è un libro da consigliare a tutti gli insegnanti. È da rilevare che non si tratta, come vogliono far credere il titolo e il sottotitolo ammiccanti e sbarazzini, di una rilettura radicalmente aggiornata della teoria della grammatica, anche se utile è la dimostrazione della mancanza di fondamenta delle pratiche didattiche e correttorie ancora prevalenti nella scuola italiana. Molte sono le concessioni che De Benedetti – che è anche un bravo giornalista – fa al suo pubblico, come quando, per fare un solo esempio, scrive: “pretendere il rispetto dell’ortografia o delle regole più elementari della sintassi non è una forma di autoritarismo ma una doverosa battaglia sul Piave che separa la tolleranza dall’anarchia”: non è questo il punto, e una vera disintossicazione da alcune abitudini non può partire da queste concessioni, né dallo slittamento tra grammatica e ortografia tanto a caro a chi non sa cosa sia la grammatica; cioè quelli che “la insegnano”. La grammatica non si oppone alla pratica, ma alle grammatichine inventate, ai prontuari sordi e ciechi, alla concezione prescrittiva di buona parte dei docenti, che fa ombra a qualsiasi capacità di descrizione scientifica (oggi possibile grazie a decenni di ricerche e sintesi di alto livello). Dove De Benedetti dà il meglio è nella capacità di mettere in ridicolo, con molto buon senso ed esempi validi, comportamenti ancora diffusi. Perciò il suo mi sembra un libro a metà, ma sicuramente efficace, e continuerò a regalarlo.
"Prof, ci ha portato i temi corretti?" Risposta di prammatica: "Non ancora, ma ho quasi finito!" Caro alunno, ho mentito sapendo di mentire. Perché non solo ci vorranno ancora alcuni giorni, ma anche molta pazienza (da parte di entrambi) e tanta ansia (da parte mia). Già, perché ogni volta che si corregge un tema - o, più in generale, un testo scritto - a meno di non riporre una fiducia cieca e incondizionata nelle "griglie di correzione e di valutazione" che da qualche anno appestano con le migliori intenzioni i dipartimenti di lettere di ogni scuola, se si è onesti ci si rende conto che è qualcosa di simile a quello che i matematici chiamano "equazione impossibile" o che il caro vecchio Freud definiva "analisi interminabile". Ciò avviene per vari motivi, ma soprattutto per il fatto che si deve valutare la competenza nell'uso di una lingua complessa, duttile, ricca e in buona parte poco razionale quale l'italiano dopo averla appresa da un lato per pura imitazione da adulti che la usano in modo eterogeneo dall'altro in virtù di uno studio scolastico di norma fondato su un insegnamento della grammatica arido, dogmatico e - ahimè - puramente sincronico e mai o di rado diacronico. Per fortuna esistono anche insegnanti capaci di sovvertire - cum grano salis e con tanta ironia - quest'ultimo elemento, trovando un giusto mezzo tra la cecità degli oltranzisti del dettato grammaticale retrò e la scarsa lungimiranza di chi al contrario getta la spugna in partenza, affermando che tanto basta farsi capire e che non esiste l'errore. Ed è il caso di Andrea De Benedetti, che in 166 benedette paginette questo equilibrio lo trova facendoci riflettere in modo tanto (apparentemente) leggero quanto (sabaudamente) concreto sulle mille sfaccettature della nostra lingua. "Non si inizia una frase con "ed"! Non si fanno ripetizioni! Non si può dire "questo equilibrio lo trova"!" Benissimo, figliolo, corri in libreria e comincia da pagina 1. Ne vedrai delle belle!
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