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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2017
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Questa raccolta di venticingue racconti brevi e brevissimi è come una scatola di ottimi cioccolatini che, qualsiasi di essi tu scelga, ti regalano un gusto di cioccolato tanto meraviglioso quanto amaro: come amara, spesso amarissima, sa essere Agota Kristof, con il suo stile inconfondibile, che, qualunque dei racconti tu legga, ti ragala una sorpresa tanto shoccante quanto originale. Consigliato per un regalo a sè stessi o ad altri (magari accompagnato a una scatola di cioccolatini amari).
Venticinque racconti brevissimi, lapidari e inclementi, questi della scrittrice ungherese Agota Kristof; originariamente intitolati "C'est egal", a significare l'indifferenza imperturbabile con cui l'autrice racconta la sofferenza ("Fa lo stesso. In ogni caso si sta male ovunque"). Non propriamente di vendetta si tratta, infatti: quello che i protagonisti patiscono o infliggono in queste pagine non è desiderio di rivalsa, esigenza di giustizia riparatrice, esplicitazione di rancore insopprimibile. La cattiveria dei gesti e dei pensieri è vissuta ed espressa senza particolare emozione, senza effettiva partecipazione. Risiede immodificabile e irredimibile nella natura delle cose e degli animi: come nella moglie che uccide con una scure il marito che russa ("ci sono una quantità di cose che accadono così, stupidamente"), o nell'alunno che sevizia e impicca il professore di lettere per ammirazione e "immenso affetto", o nella crudeltà di numeri sbagliati al telefono. I personaggi sembrano tutti assolutamente spaesati, privi di riferimenti spazio-temporali: vagano in strade deserte, allucinate in un silenzio che le rende simili a paesaggi metafisici. Strade che non portano in nessun posto, oppure a case del passato distrutte, a treni che non partono, a incontri destabilizzanti, in un'atmosfera da incubo continuo: "Qualche giorno più tardi se ne andò senza dire nulla a nessuno. Da un posto all'altro, da una città all'altra, prendeva aerei, navi, treni. Sempre altrove, là dove niente gli assomigliava"; "è smarrito, non riconosce più i luoghi, non riesce a ritrovare la propria strada, la propria casa". Il destino della Kristof, esule politica costretta a reinventarsi un'esistenza e una lingua in Svizzera, balza prepotentemente accusatorio da ogni riga: "Come si può diventare ricchi con niente, quando si viene da altrove, da nessuna parte, e senza il desiderio di diventarlo?".
'Spesso il male di vivere ho incontrato', raramente reso con l'efficacia della Kristof.
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