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Anno edizione: 2021
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Romanzo storico, saggio romanzato, racconto storico? Quale definizione potremmo assegnare al testo di Fernanda Alfieri? Scritto con la meticolosità di una storica abituata a frequentare gli archivi, ma anche con una lingua immaginifica, che sa spaziare, soprattutto nella descrizione degli ambienti, l’autrice ha creato un genere particolare. E qui si passa dalla rappresentazione della Roma papalina ottocentesca, a Madrid, alla Germania, alle Americhe sulle tracce dei tre padri gesuiti che portano avanti l’ Esorcisazione di Veronica. Infatti la vicenda inizia il 23 dicembre 1834 quando il gesuita padre Kohlmann si reca accompagnato da un confratello in via Sant’Anna 52, dietro la chiesa di san Carlo ai Catinari, nell’appartamento della famiglia Hamerani (una dinastia di coniatori di monete e medagliette votive) un tempo ricca e operosa, arrivata a Roma nel ‘600, ma ormai decaduta. Lì i padri trovano distesa sul letto Veronica, la figlia più giovane considerata invasata, posseduta da demonio, per praticare un esorcismo. Il diario degli esorcisti, ritrovato casualmente dalla storica in un faldone di miscellanea, è il particolarissimo documento da cui parte la vicenda inquietante, durante i mesi in cui si protrae il rito, il racconto in cui “il diavolo”, tra violenti ingiurie e battute in romanesco, risate convulse prende direttamente la parola. I protagonisti, cioè coloro che tengono il centro narrativo del libro sono a mio parerei Padri Gesuiti e le loro vicende tra soppressioni settecentesche-napoleoniche e la Restaurazione, insieme disputa sul controllo del "corpo" di Veronica.Un libro che ricorda il recente L’Architettrice di Melania Mazzucco, per l’ambientazione romana e la precisione dei dettagli. Da rilevare infatti la ricchissima biografia, notevole accuratezza storica e abbondanza di particolari, note e documenti, però in tutto questo dispendio di energie il lettore, che non è lo storico, rischia di perdere il filo.scrittura di qualità ma senza magia.
Non oggetti ma contesti, ammoniva un grande storico, riguardo al compito che attende colui che affronta la storia dal particolare punto di vista della microstoria. Che peccato che la bellissima collana Einaudiana non esista più: quale testo, se non questo, avrebbe potuto degnamente comparire tra quei libri che alle "Microstorie" si rivolgevano. Microstorie che, come quelle indagate con 'acribia filologica' (lo dimostrano le quasi 100 pagine di apparati finali) e talento narrativo in questo volume, partono da singolari oggetti per far esplodere vasti contesti. Contesti disparati e solo apparentemente disgiunti. Attorno alla vicenda, recuperata in archivio, dell' esorcisazione della giovane Veronica, si dispongono figure di straordinario valore esemplare. In una Roma ottocentesca (fra il 1834 e il 1835, quella di cui in anni vicini ci parla Leopardi in alcune lettere) descritta anche nelle sue minute variazioni atmosferiche, si incontrano padri Gesuiti dalle storie personali che intrecciano i grandi eventi dell'epoca in atto e di quella immediatamente trascorsa (Rivoluzione e età napoleonica); quella dei componenti della famiglia della giovane, artisti e incisori papali da generazioni, gli Hamerani; medici romani e forestieri influenzati dalle moderne teorie psichiatriche in odore di eresia; esorcisti, devote nobildonne, streghe di campagna e, naturalmente, lui: il malefico ospite del verginale corpo della giovane Hamerani. Ci muoviamo, inoltre, tra una straordinaria serie di luoghi: Roma, Genzano, Torino, Bologna, Coblenza, Madrid, ognuno dei quali, come la sperduta località pirenaica di Graus, servono per innescare ricostruzioni a vasto raggio storico, in molte delle quali sono protagonisti quelli, che a mio parere, sono il centro narrativo del libro,i Padri Gesuiti e le loro vicende tra soppressioni settecentesche-napoleoniche e la Restaurazione, insieme alla ricostruzione della vera "posta in gioco" che si disputa sul controllo del "corpo" di donna di Veronica.
Un libro straordinario, certo non amichevole come detto in una recensione qui presente. Ma perché poi un libro dovrebbe essere amichevole? Lo scrittore scrive secondo sue idee, emozioni, intenzioni, costruisce il testo in una lingua propria che ne determina lo stile e lo fa distinguere dagli altri. Non ha nessun dovere verso il lettore, tanto meno quello di compiacerlo facilitandogli la lettura con un linguaggio semplificato. Molti libri di grande successo lo fanno, scavalcano le classifiche con migliaia e migliaia di copie vendute, propinano al lettore storie banali, dalla trama lineare, personaggi inconsistenti, linguaggio sciatto, ma amichevole. Ecco questo libro non è adatto a lettori di questo tipo. Questo libro richiede al lettore una grande collaborazione: attenzione e fatica per poterne penetrare la struttura composita che si avvale di collegamenti, fra fatti e personaggi, anche molto arditi. Lo sforzo compiuto è però ripagato da un grande godimento intellettuale, da un arricchimento di conoscenze, da un potente stimolo alla riflessione personale. È una sorta di ibrido fra saggio storico e romanzo fra i quali si insinuano considerazioni personali dell'autrice sul suo mestiere di ricercatrice. Attorno al letto dell'indemoniata Veronica si affollano eruditi laici e religiosi, ognuno con la propria storia, determinata da eventi personali e da grandi avvenimenti pubblici, ne viene fuori un affresco complesso e avvincente che va via via componendosi dalla consultazione di antichi documenti. Personaggi e fatti acquistano così vita, corpo, sangue e tormenti sui quali il lettore è chiamato a riflettere e ad esprimere la propria umana simpatia, nel senso etimologico del termine, anche quando gli sembrano molto lontani da lui nel tempo e nei sentimenti.
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