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Io e il rap: nessun rapporto. Anzi un atteggiamento di sufficienza con uno sforzo di comprensione vicino allo zero. Poi leggo cosa ha scritto Amedeo e premo un tasto che la sua generazione nemmeno conosce: rewind. Lascio da parte il ritmo musicale che non immagino, che oggettivamente non mi appartiene e fisso le parole. Fissare è il termine giusto. Sono un lettore "professionale": faccio il giornalista da 41 anni ed ho la pessima abitudine di leggere tutto velocemente, spremere mentalmente centinaia di parole e, alla fine, conservarne alcune. Con Amedeo non funziona. Leggo come ho sempre fatto ed ho la stessa sensazione di quando ho sorvolato la catena dell'Hymalaya con un piccolo aereo. Ho visto tutto ma in realtà non ho visto nulla. Leggo più volte una stessa pagina e ogni linea di testo è una porta che apre una riflessione. Cosa significa quella parola, perché l'ha scelta, come ha fatto a legarla, in modo originale e spesso stupefacente, alle altre. Non mi riferisco alle rime che non ho mai amato: nel rap come nella grande poesia di ogni epoca. E' la connessione logica, espressione di una mente rapida e veloce, che mi colpisce. Penso che la nostra sia una società che disprezza la parola e il suo significato. I social sono (anche) espressione di una bulimia nervosa che rende la comunicazione obesa e spesso insostenibile: nella quantità e nella qualità, nella cattiveria e nell'odio che talvolta trasuda. Amedeo ci propone una forma di espressione acuta ed evocativa, affilata e raffinata. Mi ha reso più attento al rap ma ammetto, e i suoi amici musicisti mi perdoneranno, che ci ha messo a disposizione qualcosa di più di testi per canzoni. E' un'analisi e una visione dei mondo. Non so se della sua generazione: ho qualche dubbio. Certamente della generazione di cui c'è bisogno oggi, in questo particolare e durissimo periodo storico.
Ho divorato i rap di Amedeo perché sono quotidianità anima emozione mente intelligenza razionalità cultura socialità cuore umanità esistenza ironia umorismo gioco di parole Ritmo Tanto Ritmo Musica Tanta Musica da non stancarsi mai
Ho iniziato la lettura di queste poesie/canzoni sapendo ovviamente che il suo giovanissimo autore era tragicamente scomparso. Da due parole colte al volo: "Unguento canoro" ho capito che mi sarei addentrata nel racconto delicato e profondo di un giovane uomo che ha già capito tanto della vita e del mondo e mentre si prepara ad affrontarlo ha trovato scrivendo e rappando un modo di medicare e lenire (unguento) le ferite e le disillusioni già ricevute. Questa convinzione mi ha portato fiduciosa e curiosa tra la costruzione di divertenti, arguti e ironici giochi di parole che comunque trasmettono sempre messaggi importanti e illuminanti. La voglia e la fiducia di cambiare, avere in sè la convinzione di poterlo fare nonostante la consapevolezza di disporre al momento solo di parole, la freschezza di questi sentimenti espressi con semplicità ma con riferimenti culturali e linguistici ricercati e raffinati, suscitano sorpresa e stupore e meritano grande riconoscenza verso chi ha deciso di pubblicare e non tenere solo per sè il prezioso contenuto di quel quaderno a quadretti. Ho letto con crescente interesse tutti i brani, scoprendo ad una seconda rilettura aspetti e riferimenti più nascosti che è stato poi un piacere catturare, fino ad una delle ultime canzoni dove di nascosto c'è poco, dove l'esperienza reale della concretezza e del fare, portava il sogno di un futuro appena iniziato ma forse già riconosciuto e scelto. Anna
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