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Un'immortale storia d'amore sospesa in quello spazio senza tempo che solo la grande letteratura sa creare.
Germania, XIX secolo. Nella sperduta cittadina di Wandernburgo approda una notte Hans, giovane traduttore giramondo. Quella che sembra soltanto una tappa nel suo viaggio si trasforma nella piú meravigliosa e seducente delle trappole: l'ingresso in un circolo letterario, l'incontro con un saggio suonatore di organetto, una catena di misteriosi delitti. E soprattutto l'amore irresistibile per Sophie; donna tanto sensuale quanto intelligente. Una passione che farà tremare letti e libri. Tutto lo trattiene in questo luogo bizzarro e senza confini, dove le strade cambiano ogni giorno posizione e da cui nessuno pare essere mai riuscito a ripartire. Guardando a Goethe, Mann, Borges e Calvino, Neuman ha scritto un romanzo ottocentesco con gli occhi di un uomo del ventunesimo secolo. Perché in fondo la storia degli esseri umani è sempre la storia di creature sperdute, straniere a loro stesse, che possono sperare di salvarsi solo se si affidano al cuore degli altri.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Mi chiedo che bisogno avevamo di questa storia ottocentesca, di amore convenzionale e discussioni su argomenti che si conoscono già, rimasticamenti del romanticismo, cascami letterari. La scrittura abbastanza agile non riesce a riscattare i personaggi stereotipati e la superfluità della vicenda.
Sullo sfondo di una città della Germania del XIX secolo, si incontrano le anime di Hans e Sophie; un amore senza tempo, declinato nelle forme dello scritto ottocentesco ma con un respiro contemporaneo, rende questo libro un'immortale storia d'amore dove la grande letteratura crea spazi degni di rimanere impressi nel cuore di ogni lettore.
Mi è piaciuto molto leggere questo libro perchè la trama è impreziosita da parentesi di critica letteraria e filosofica che offrono chiavi di lettura e validi spunti di riflessione. Un romanzo che non solo spiega una storia ma racconta anche di se stesso. A voler fare il cinico viene da pensare che si tratti di prodotto assemblato per compiacere un pubblico variegato: c'è una storia d'amore (e di amicizie) con un risvolto gotico, non manca la saggistica e si palesano echi simpatizzanti per l'emancipazione della donna. Difficile non cadere nella rete! Concludo consigliando questa lettura a chi come me, è sempre alla ricerca di frasi brillanti da estrapolare per essere all'occorrenza citate.
Recensioni
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Wandernburgo è una bizzarra cittadina tedesca, un luogo immaginario tra Sassonia e Prussia, ondivaga tra realtà e sogno, avamposto cattolico in terra luterana, dove le strade cambiano posizione e da dove nessuno è mai riuscito ad andar via. Hans, che per vivere traduce opere letterarie ed è un instancabile girovago, arriva lì da Berlino, una notte. Prende una camera nella locanda della famiglia Zeit e si ripromette d’andar via il giorno dopo, ma la sua vita resterà impigliata in quel luogo.
È la prima metà dell’Ottocento, la vicenda si svolge in poco meno di un anno, ma i riferimenti temporali sono stranianti, fluttuanti come le vie di Wandernburgo: il tempo è relativizzato, l’epoca è post-napoleonica, in piena Restaurazione, anche se a volte sembra che il congresso di Vienna (tra la fine del 1814 e la metà del 1815) non si sia svolto, altre che si sia già nel secondo decennio del XIX secolo. L’esistenza di Hans, giovane colto e misterioso ma non benestante o di nobili natali, s’intreccia con quelle di Sophie Gottlieb (con cui vivrà un amore tormentato, una passione travolgente) e della sua cameriera Elsa, di un saggio suonatore di strada, del vedovo Àlvaro, imprenditore tessile spagnolo, della famiglia Zeit (soprattutto della figlia Lisa), di Rudi Wilderhaus, il rampollo locale promesso sposo di Sophie, del curato Pigherzog (che scrive al vescovo dello stato delle anime e delle donazioni…) e di una misteriosa scia di delitti a opera di un uomo mascherato.
Gran parte dell’azione si svolge tra il salotto letterario del venerdì a casa Gottlieb, la caverna dove vive il suonatore, le taverne della cittadina e la locanda, tra appassionanti discussioni letterarie, filosofiche, politiche e sociali, molte delle quali attualissime, sulla condizione della donna o su quella della classe operaia nelle fabbriche, sui progressi tecnologici e sui nazionalismi. Le vite dei personaggi sono prettamente ottocentesche (puntualissime le ricostruzioni d’ambiente, dietro le quali c’è un grande lavoro di documentazione), ma il loro sentire è vicinissimo a quello d’oggi: sono disorientati e nomadi, in crisi d’identità, non sanno quale è il loro posto nel mondo.
È una splendida notizia il ritorno in libreria, nei tascabili della casa editrice Einaudi, del romanzo Il viaggiatore del secolo (528 pagine, 15 euro) di Andrés Neuman, tradotto da Silvia Sichel, che nel 2011 era stato con una grande intuizione pubblicato da Ponte alle Grazie, seconda casa editrice italiana a puntare su questo autore argentino, dopo Bompiani e prima di Sur, che ha anche proposto qualche titolo. L’opera di Neuman racconta la storia di Hans e Sophie e tante altre e, subito dopo la pubblicazione, in Spagna ha mietuto successi e premi letterari. È un capolavoro nella misura in cui racconta storie vecchie come il mondo facendole sembrare nuove, nel suo sapere essere contemporaneamente un romanzo cerebrale – a tratti algido – e appassionante, erudito ma mai noioso (nemmeno quando si disserta di filosofia o di traduzioni), nella capacità di mancare, con le sue idee e con i suoi personaggi, al lettore quando arriva all’ultima pagina, al compimento dei destini degli anticonvenzionali Hans e Sophie, che si sono amati di nascosto da tutti (o quasi) e assieme hanno tradotto i versi più amati e progettato un’antologia di poeti europei.
Negli ultimi anni, in Italia, sono stati pubblicati pochi romanzi ambiziosi e affascinanti come questo, che mantiene ogni promessa a livello stilistico (e si concede il gusto delle parentesi nei dialoghi) e narrativo, non è classificabile in un solo genere, dialoga con la grande tradizione dell’Ottocento, senza perdere di vista lo sguardo contemporaneo, nella consapevolezza che nella bellezza come negli errori del passato risieda una lezione fondamentale per il presente. Come se non bastasse tutto ciò, Il viaggiatore del secolo è stato scritto dieci anni fa da un autore che aveva appena trentadue anni, ma già all’attivo romanzi e raccolte di racconti, versi e aforismi. Nato in Argentina, dove ha trascorso l’infanzia, Neuman (come il suo mentore Bolaño, che spese parole d’ammirazione per Bariloche, il suo primo romanzo, ripubblicato da Ponte alle Grazie con il titolo Frammenti nella notte) ha lasciato il Sud America per stabilirsi in Spagna, a Granada, dove vive e insegna. Latinoamericano di nascita, Neumann è imbevuto della grande cultura europea, a cui attinge a piene mani per le citazioni (Novalis, Leopardi, Goethe, Cervantes, Heine e Calderon de La Barca) che punteggiano Il viaggiatore del secolo, ed è cosmopolita nella sua idea di letteratura, un ponte tra Garcia Marquez, Calvino, Kafka, Borges e Joyce, dei quali è avvertito discepolo, non sterile epigono.
Recensione di Salvatore Lo Iacono
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