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Anno edizione: 2018
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Libro da leggere
Alcune centinaia di pagine in cui Limonov si autoincensa, parla pateticamente del suo ratto domestico su cui ha una posizione "dominante" (d'altronde un mentecatto come Limonov può al massimo aspirare a dominare topi e persone con problemi psichiatrici), esprime opinioni risibili e scioviniste (personaggio talmente "contro" da ricalcare per filo e per segno le posizioni del populismo più di moda quest'oggi) e rivela candidamente disgustosi rapporti con ragazze minorenni con problemi psicologici. Un ridicolo immondezzaio che non sa dove andare a parare
Letto in due giorni! Libro simpatico e divertente inoltre fa riflettere sulla realtà della Federazione Russa da parte di un grande scrittore russo ahimè deceduto quest'anno!
Recensioni
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Meglio non fidarsi troppo dei libri. È lo stesso Eduard Limonov – scrittore, politico nazional-bolscevico, anarchico e dissidente russo, reso celebre dalla spuria, divertentissima biografia bestseller di Emmanuel Carrère – a dichiararlo nella prefazione di questo volume, che il suo editore presenta come un’autobiografia: “Ritengo che questo mio libro sia un romanzo moderno”.
Zona industriale racconta i giorni di Limonov nella periferia di Mosca, a partire dalla sua uscita dal carcere nel 2003, a sessant’anni compiuti, tra vecchie e nuove fidanzate, guardie del corpo, la politica, la scrittura, gli incontri inaspettati. Come Limonov di Carrère era più una biografia dell’autore francese che un racconto affidabile della vita del “personaggio Limonov”, così Zona industriale sembra piuttosto il racconto di una periferia russa che, gradualmente, passa da desolata a senz’anima, da poetica a brutale: due diversi tipi di violenza, dove è facile intuire quale sia la preferenza dell’autore.
Chi avesse pensato che questa potesse essere una “risposta realistica” al libro di Carrère, sarà costretto a ricredersi. Il “Johnny Rotten della letteratura” – definizione dello stesso Limonov, da giovane – ha scritto un memoir che, pur nel suo cinismo e nel suo residuo vitalismo, è pervaso da una nota patetica, quella del vecchio punk che vuole continuare a essere il più figo di tutti. Ma il mondo è cambiato, e quel punk deve venire a patti con qualche stronzata, quelle che per tutta la vita ha cercato evitare. Ed è questa nota patetica che finalmente lo rende, se non più credibile, almeno un po’ più umano.
Recensione di Mario Bonaldi
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