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Per titolo a questo commento, ho preso spunto da quel mirabolante intreccio saggistico fra Benjamin Walter e Alessandro Baricco (Il narratore, appunto) dal quale, se ho imparato qualcosa, è proprio il saper riconoscere, nell'immediato, una narrazione di qualità. La bella energia subito dai primi capitoletti de 'L'adolescente', ha sciolto le forti perplessità che ho avuto in quasi tutto il corso del mio conflittuale e ondivago rapporto con questo scrittore (chi mi conosce lo sa). Devo dire che qui, invece, ho sentito nettamente la forza e l'abilità narratoria del denso Dostoevskij, anche nei momenti in cui esercita l'arte dell'indugio (e i suoi tormentoni riguardo ai "soliti" rubli e una famigerata lettera che gira e rigira) che qui però, grazie all'equilibrio con cui sono stati dosati, ho gustato di più. Da ciò, ho capito anche che, forse, il mio mancato gradimento di un paio di suoi cosiddetti capolavori, risiedesse, appunto, in quello che io ho percepito come un forte squilibrio nelle proporzioni della narrazione. Sono contenta, quindi, di aver trovato - in misura e modo più soddisfacenti - il Dostoevskij che cercavo e che per dieci anni, ostinatamente, avevo individuato solo a sprazzi. La narrazione in prima persona, a tu per tu con il lettore, crea una straordinaria vicinanza e intimità, quasi da rendere esclusivo questo rapporto di confidenza; la curiosità per la storia cresce, si fa golosa di quel racconto più carico di energia che contagia: Arkadij un po' come Holden. E ciò accade solo in presenza di narratori di razza.
Arkadij Dolgorukij, ventenne, scrive di suoi pugno un diariio, lasciandoci una scrittura frastagliata di tempi sospesi, nel senso che ciò che sta per essere scritto viene rimandato per essere poi ripreso in contesti diversi, dando così modo al lettore, superati i primi disorientamenti, di lasciarsi coinvolgere sempre più dalla trama, che si infittisce sia per gli eventi che per i personaggi ben descritti sul piano psicologico. Arkady è figlio illegittimo di Versilov che ha sedotto una donna e che ha fatto poi sposare con il servo Makar, anche se l'ha portata via con sè. Arkady trascorre la sua vita in collegio e all'università, e da Mosca si trasferisce a Pietroburgo con l'intenzione di riscatto esistenziale e sociale, con la volontà di spodestare il padre e diventare il nuovo capo famiglia. Centrale è dunque il rapporto con il padre Verilov, vero e proprio personaggio di Dostoesvskij, in cui convivono il male e il bene, in un rapporto ondivago e di ambiguità. Anche qui si tratta di un rapporto sospeso in cui Arkady e Versilov si incontrano e si scontrano ma per poi prendere una piega positiva, anche se per raggiungere quel traguardo bisogna passare attraverso una trama davvero infernale, fatta di amori incrociati tra il padre e il figlio, di corruzioni, di tradimenti e di altro ancora,,, Si tratta di un romanzo complesso, ricco di drammaticità, con spunti filosofici e religiosi, e personalmento lo ritengo quasi alla pari degli altri grandi romanzi di Dostoevskyij.
"L'idea" è l'incarnazione del sentire di un ventenne cresciuto da orfano, senza amore e lontano dalla società. Ma quest'ultima, in tutta la sua più becera meschinità, avvolge il protagonista, lo stordisce ne fa emergere i caratteri di solidità. Dostoevskij scrive il romanzo in forma di lettera, perché solo tramite la conoscenza di sé e l'accettazione della propria storia si può crescere e iniziare a vivere.
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