Il populismo è una corrente politica e culturale che si fonda sull’idea di rappresentare la “volontà del popolo” contrapposta alle élite considerate corrotte o distanti. Non è un’ideologia in senso stretto, ma piuttosto uno stile di discorso e di azione politica che può assumere forme diverse — di destra, di sinistra o trasversali — a seconda del contesto storico e geografico. Il populismo nasce dall’esigenza di ridare voce a gruppi sociali esclusi o disillusi, spesso in risposta a crisi economiche, disuguaglianze o perdita di fiducia nelle istituzioni. Ciò che lo distingue è il linguaggio diretto, emotivo e polarizzante, che oppone un “noi” autentico e virtuoso a un “loro” privilegiato e distante.
I temi centrali del populismo ruotano attorno alla critica delle élite, alla difesa della sovranità popolare e alla sfiducia nei corpi intermedi. I leader populisti si presentano come interpreti diretti del volere collettivo, spesso ricorrendo a retoriche semplificate e all’uso strategico dei media — un aspetto amplificato oggi dai social network. Il populismo si alimenta di tensioni reali, come la precarietà economica o la crisi della rappresentanza, ma tende a proporre soluzioni immediate e simboliche, più che riforme strutturali. Nelle sue diverse declinazioni, può assumere tratti nazionalisti, sovranisti o progressisti, adattandosi alle specificità culturali e politiche di ogni paese.
La storia del populismo è lunga e sfaccettata. Le sue prime espressioni risalgono alla fine dell’Ottocento, con il People’s Party negli Stati Uniti e i narodniki in Russia, entrambi convinti che il popolo rurale incarnasse la purezza morale della nazione. Nel corso del Novecento, il termine ha assunto significati molteplici: dal peronismo argentino al gaullismo francese, fino ai movimenti europei e latinoamericani contemporanei. Con l’avvento dei social network, si parla oggi di populismo digitale, capace di costruire consenso attraverso la comunicazione diretta e l’emotività online. Più che un fenomeno politico isolato, il populismo può essere letto come una costante della democrazia moderna, un riflesso delle sue tensioni interne tra rappresentanza e partecipazione, tra istituzioni e desiderio di voce. In questo senso, più che un’anomalia, rappresenta uno specchio delle fragilità e delle aspirazioni delle società contemporanee.