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Un matrimonio in crisi, un uomo che non accetta di invecchiare, la perdita di desiderio nei confronti della moglie e un amico che non conosce cosa significhi il termine fedeltà anche nei confronti della moglie in fin di vita. È autunno ed una passeggiata per Roma tra i mercatini di libri cambierà decisamente la vita del nostro protagonista, quando troverà un libro su Modigliani che gli cambierà la vita. Donne fantasma che assumeranno sembianze reali, allucinazioni, manie.. un romanzo che mette alla luce i limiti di una società, di uomini, di mariti... che necessitano di novità, stimoli continui, che ricercano in relazioni extraconiugali come se questo potesse bastare per essere felici. Con una scrittura scorrevole e veloce, da una parte ho provato grande disprezzo per un uomo che partendo da una mancanza interna, cerca al di fuori del proprio rapporto con la moglie la pienezza, arrivando anche a superare determinati limiti che lo scrittore non risparmia, a volte forse esagerando ai fini del libro. Dall’altra mi sono ritrovata a provare pena per un uomo a cui purtroppo non è rimasto nulla. Senza vergogna e buonismo, attraverso il suo protagonista, l’autore scandaglia quella parte di animo umano e vizi che non ci piacciono, che creano vergogna, e imbarazzo, ma che si nutrono di vite e storie.
Ci troviamo a Roma, il protagonista è un antieroe moderno, ex scrittore e marito stanco di ciò che è diventato lui stesso nel proprio matrimonio borghese. Tutto procede in maniera monotona fino al giorno in cui, passeggiando per le bancarelle di un mercatino, troverà un libro su Modigliani che gli cambierà la vita. Donne fantasma che assumeranno sembianze reali, allucinazioni, manie.. questo è un romanzo che mette alla luce i limiti di una società, di uomini, di mariti... che necessitano di novità, stimoli continui, che non ricercano in loro stessi, ma in relazioni extraconiugali come se questo potesse bastare per essere felici, ma così chiaramente non è. Con una scrittura scorrevole e veloce, le pagine di questo libro mi hanno fatto provare sentimenti contrastanti, da una parte disprezzo per un uomo che partendo da una mancanza interna, cerca al di fuori del proprio rapporto con la moglie, la pienezza, arrivando anche a superare determinati limiti sia a livello sessuale che umano (lo scrittore non risparmia nulla, e non lascia nulla all’immaginazione). Dall’altra mi sono ritrovata a provare pena per un uomo a cui purtroppo non è rimasto nulla. Un romanzo che scandaglia senza vergogna e buonismo, attraverso il suo protagonista, quella parte di animo umano e vizi che non ci piacciono, che creano vergogna, e imbarazzo, ma che seppur in maniera nascosta si nutrono di vite e storie.
Luca Ricci ha scelto un titolo molto mélo e bohémien per il suo primo romanzo, probabilmente tra i prescelti del Premio Strega 2018: sto parlando de Gli autunnali. Nella cornice di una Roma decadente che ha dimenticato il fulgore e i fasti del passato, il protagonista è un innominato scrittore di mezza età, piacente e con ancora tutti i capelli in testa, padre di un figlio assente e marito di una donna che non ama più da svariati anni. E’ un uomo pronto ad innamorarsi ancora, a tradire se necessario mentre vaga con il compagno di scorribande, chiaramente anche lui un intellettuale in pausa di riflessione. E certo che si innamorerà, ma di un’immagine strappata da un libro comprato ad un mercatino delle pulci: si tratta della francese Jeanne Hébuterne, la musa e compagna del pittore livornese Amedeo Modigliani che dopo la morte per tisi dell’amato opterà per il suicidio nonostante un bimbo di 9 mesi in grembo. (Per chi sia interessato ad approfondire questa storia consiglio il film “I colori dell’Anima” sulla vita di Modigliani e lo strepitoso album “Modì” di Vinicio Capossela.) . . Questo amore sembra destinato ad essere solo una fantasia delirante di un uomo annoiato e disperatamente bisognoso di uno spunto per ricominciare a scrivere (ogni storia d'amore è una storia di fantasmi, scriveva Wallace), senonché la donna dei propri sogni si incarna nella cugina della moglie, incinta e compagna anche lei di un pittore squattrinato. Una terza donna apparirà nel romanzo: una prostituta che il nostro protagonista borghese si divertirà a frustare a sangue, nel tentativo di sfogare le proprie frustrazioni. Riuscirà facile al lettore immaginarsi l’autore in persona, ritratto e autocelebrato nel personaggio del protagonista. E questa è la prima critica, perché i grandi narratori non sono mai stati autocelebrativi, nemmeno se avrebbero potuto permetterselo (pensiamo a Calvino o a Buzzati, a Morante o a Ginzburg), quindi figuriamoci se è accettabile da un autore al primo romanz
Recensioni
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Ricci, fantasmi e autunno tra le pieghe di un amore
Il protagonista del primo romanzo di Luca Ricci, Gli autunnali, pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo è uno scrittore di mezza età, appartenente ai salotti borghesi romani e impigliato in un matrimonio routinario con Sandra, una donna ancora bella e desiderabile. Imprigionato in una vita che scorre lenta tra il susseguirsi delle stagioni, l’unica certezza è il ritorno dell’autunno ed è proprio a settembre, il mese in cui la città abbandona le follie estive e si avvolge nei colori caldi che, tra i libri di un mercato rionale, trova la fotografia di Jeanne Hébuterne, l’amante di Amedeo Modigliani. Il fremito, lo stupore per una “pelle bianchissima e uno sguardo che quasi metteva paura” si trasformano, ben presto, in un’ossessione che finisce per spezzare la monotonia amorosa, sempre più opprimente, della vita coniugale. Un volume acquistato per pochi spiccioli suscita nel narratore “quell’allegria insensata che prende dopo un colpo di fulmine” e lo trasforma in un uomo psicotico, capace, però, di scavare nella profondità degli esseri umani, della coscienza e delle ossessive nevrosi.
Il fragile equilibrio che regola la quotidianità della vita coniugale è destinato a spezzarsi quando irrompe il fantasma di Jeanne. La smania, il pensiero fisso per il nuovo amore celano, però, un’ossessione più profonda, quella per il disamore: la paura che tutto possa cambiare quando la persona con cui si condivide la vita diventa il nemico intrappolato tra le mura di una casa-prigione; la solitudine che si avverte maggiormente nel dialogo, nella condivisione e nello stare insieme; il timore di venire inghiottito dall’abitudine di un rapporto che avvelena l’anima. Da qui nasce il desiderio di un terribile amore nuovo, l’unico elemento in grado di destabilizzare l’ordinario. Per scampare a una vita sempre più decadente, al tempo che scorre inesorabile, non è sufficiente il sesso fine a se stesso, quello adulterino o mercenario: serve innamorarsi, anche di un fantasma.
L’autunno è la stagione che esiste per insegnarci come lasciare le cose ormai morte, ma non è così per il protagonista del romanzo che, irrazionalmente, si fa travolgere dalla superstizione, dalla convinzione che il fantasma di Jeanne aleggi e sorvoli sul suo corpo e quello di sua moglie durante la copulazione, al punto da pensare che il nuovo amore ricambi i suoi sentimenti e mandi segnali dall’aldilà. Il protagonista è alla ricerca spasmodica di tali segnali: non si separa mai dalla fotografia, cerca risposte nella fiammella di una candela, riguarda i ritratti di Modigliani, fino al giorno in cui nella sua vita compare una donna, Gemma, uguale a quella ritratta nella fotografia venerata come una reliquia. Gli appare la reincarnazione vivente dell’amante del pittore (in realtà una cugina di Sandra) e, da quel momento in poi, la sua ossessione si materializza, segue gli istinti e le pulsioni che lo spingono all’adulterio: anche lei fidanzata con un pittore “maledetto”, anche lei incinta, come la giovane nel momento in cui si era suicidata per il dolore della morte di Modì.
Vero protagonista del romanzo è il tempo che trascorre lento, tra il susseguirsi delle stagioni, e che rivela una verità quasi indicibile: con il suo passare, l’amore non è più tale. Gli esseri umani si suddividono a seconda della stagione: ognuno di noi ne incarna una “e durante lo scorrere delle altre non fa che aspettare che torni la propria”. Il narratore è un autunnale, un uomo che non ha più clorofilla nelle vene perché l’autunno, in quanto stagione di transizione, rappresenta un momento di stallo, di silenzio ritrovato, di solitudine e nostalgia; descrive anche la decadenza e la superficialità della borghesia dei salotti romani e crea un parallelismo con la vita di scrittore del protagonista che si chiede, insieme all’amico Gittani, quale senso abbia scrivere ancora romanzi. L’autunno è più uno stato d’animo che una stagione, per rievocare le parole di Nietzsche.
Altra grande protagonista del romanzo di Ricci è la città di Roma. Le descrizioni romane del protagonista sembrano evocare i versi del poeta russo Josif Brodskij (“Il Colosseo è come il teschio di Argo: nelle occhiaie vuote gli nuotano le nubi, ricordo dell’antico gregge”) o le parole di Ennio Flaiano (“Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve”). L’autunno romano è l’emblema di un uomo che perde il senso della logica, si sottomette agli impulsi e alle ossessioni e s’illude di scacciare lo spettro della morte, a cui il trascorrere del tempo lo avvicina, grazie a un nuovo amore che, però, è legato alla morte indissolubilmente.
Tra le pagine di Ricci domina Maupassant: nelle citazioni in epigrafe, nei titoli dei capitoli e nei personaggi del romanzo s’avverte il racconto La chioma, “governo ombra” del libro, per usare le parole dell’autore nella nota finale. Anche tra le pagine dello scrittore francese il protagonista perde il senno a causa del contatto con una chioma di donna ritrovata nello scomparto segreto di un mobile. Ricci ripercorre lo stesso rapporto tra amore e morte e il realismo che nasce dal disgusto nei confronti dell’ipocrisia del mondo borghese, utilizza lo stesso stile secco, sintetico che ha contraddistinto lo scrittore francese e dimostra la sua maestria nella costruzione dell’intreccio che resta imprevedibile fino alle ultime pagine. La grande lucidità nello sviluppare i temi gli consentono di descrivere in modo straordinariamente incisivo le ossessioni di una vita intera.
Recensione di Arcangela Saverino
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