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Vincitore Premio Estense 2020
Nel 1970 viene indetto in Svizzera il primo referendum contro gli stranieri nella storia d'Europa. E gli stranieri eravamo noi.
«Un libro ricorda il primo referendum elvetico per cacciare gli italiani. Era il giugno del 1970, e un politico adottò lo slogan che oggi, rivisto e corretto, va così di moda» - Fabrizio Ravelli, Il Venerdì
James Schwarzenbach, un editore colto e raffinato di Zurigo, rampollo di una delle famiglie industriali più ricche della Svizzera, cugino della scrittrice Anne Marie Schwarzenbach, a metà degli anni sessanta entra a sorpresa in Parlamento a Berna, unico deputato del partito di estrema destra Nationale Aktion, e come suo primo atto promuove un referendum per espellere dalla Svizzera trecentoquarantamila stranieri, perlopiù italiani. È l'inizio di una campagna di odio contro gli emigrati italiani che dura anni e che sfocerà nel referendum del 7 giugno 1970, quando Schwarzenbach, solo contro tutti (giornali, establishment, Confindustria sono schierati su posizioni opposte), perderà la sua sfida solitaria per un pelo. Com'è stato possibile? Cosa ci dice del presente questa storia dimenticata? E come si spiega il successo della propaganda xenofoba, posto che la Svizzera avrà dal 1962 al 1974 un tasso di disoccupazione inesistente e sono stati proprio i lavoratori italiani, i Gastarbeiter richiamati in massa dal boom economico, a proiettare il paese in un benessere che non ha eguali nel mondo? Eppure Schwarzenbach, a capo del primo partito antistranieri d'Europa, con toni e parole d'ordine che sembrano usciti dall'odierna retorica populista, fa presa su vasti strati della popolazione spaesata dalla modernizzazione, dalle trasformazioni economiche e sociali e dal '68. Schwarzenbach fiuta le insicurezze identitarie e le esaspera. "Svizzeri svegliatevi! Prima gli svizzeri!" sono i suoi slogan, mentre compaiono le inserzioni "Non si affitta a cani e italiani".Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il paragone tra l'immigrazione italiana dei due secoli passati e quella attuale che vede l'Italia (e altri Paesi europei) come punto di arrivo non è corretta perchè trascura una differenza non di poco conto: quella italiana era un'immigrazione REGOLARE, concordata tra gli Stati tramite apposite convenzioni e strettamente regolamentata. Tutti partivano con documenti alla mano. Quella attuale verso l'Italia è IRREGOLARE, come possiamo vedere ogni giorno..
"Si parla di razzismo perché c'è molta non conoscenza dell'altro, bisogna abbattere i muri o aumentano le differenze" - Liliana Segre, attivista politica e sopravvissuta al l'olocausto. Ecco questa frase racchiude tutto ciò che in Svizzera negli anni 70 non è avvenuto, noi eravamo i migranti e contro di noi c'era il rifiuto, la paura, lo smarrimento, si era considerati solo forza lavoro, senza tutele ne diritti. Questo libro insegna che la storia si ripete nella mancanza di voglia di accogliere gli immigrati. Importante è la Memoria per non commettere sempre gli stessi errori. "La memoria è un ponte verso la libertà" - Lo scrittore Filippo Alosi.
La Storia esige di essere raccontata. Non basta l’aver sfogliato, tra i banchi di scuola, libri di repertorio per entrare nel vivo di un passato che oggi più che mai ci richiama a percorrere quei passi “addietro” per poter trovare risposta a tanto di ciò che accade nel presente. “Cacciateli!”, così tanto per chiamarlo in tono confidenziale, è un libro-scoperta, frutto di una ricerca senz’altro condotta con la professionalità di un occhio giornalistico, ma anche con un forte coinvolgimento affettivo. È la storia degli emigrati italiani del secondo dopoguerra, una storia che si intreccia con quella del popolo svizzero. L’accordo bilaterale del ‘48 sancisce tra Italia e Svizzera una interdipendenza del quale, per certi versi, fanno le spese i migranti italiani costretti ad espatriare per non morire di fame. Si parte lasciando alle spalle un Paese ridotto in ginocchio dalla guerra per cercare fortuna, nuova speranza. Concetto Vecchio raccoglie ed estrapola frammenti di vita che parlano di baracche, miseria, lavoro, ricongiungimenti familiari, polizia degli stranieri, espulsioni, contratti stagionali o annuali. Non manca di riportare il racconto dei suoi genitori Carmelo e Pippa e i suoi ricordi di bambino. Tuttavia la vicenda posta in primo piano, nel quadro di questa storica migrazione, è l’ascesa nel panorama politico svizzero di quegli anni di un ricco intellettuale, James Schwarzenbach, deputato del partito Nationale Aktion, e ideatore della battaglia referendaria del ‘70 contro “inforestiamento”, ovvero contro l’invasione straniera, anzitutto italiana. È l’inizio per gli italiani in Svizzera di un calvario xenofobo che divide la popolazione. Tanta cruda realtà emerge dai resoconti e dalla interviste, si passa dall’appellativo apparentemente simpatico di “mangia spaghetti” all’offensivo “Tschingg”. Tutto è accaduto non molti anni fa, eppure sembra quasi di poter vedere davvero quell’emigrato che, parlando a stento il tedesco, dice: “Sono anch’io una persona!”.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
RECENSIONE VINCITRICE DEL PREMIO ESTENSE DIGITAL PIAZZA NOVA 2020
Rosi M
Nata in Svizzera nel 67, il periodo della mia infanzia coincide con gli eventi raccontati in questo libro, che mi ha preso subito. Le prime cento pagine le ho praticamente divorate. Quel "comportati bene sennò arriva Schwarzenbach" lo ricordo benissimo insieme a sentimenti di timore e di rispetto che parole come queste ti trasmettevano. C'era sempre l'uomo nero, vestito con la croce svizzera che prima o poi ti avrebbe buttato fuori, guai a comportarsi male. L'autore ha fatto una ricerca accurata, d'inchiesta per raccontarci un periodo che solo chi l'ha vissuto sulla propria pelle come i nostri nonni e genitori può raccontare. Il loro pudore nel raccontarsi e nel raccontare un'esperienza di vita da stranieri in un paese accogliente perché ti offriva lavoro, prosperità e sicurezza, ma anche ostile e esigente verso il diverso, lo straniero che per l'appunto chiamavano Gastarbeiter, cioè lavoratore ospite, e si sa che l'ospite dopo un po' è come il pesce. Viene raccontato molto bene il personaggio di Schwarzenbach che allora noi più giovani sentivamo spesso nominare, ma che nessuno mai ci ha veramente presentato. Quel suo primo discorso in consiglio federale e quel volantino che dal contenuto xenofobo non si distingue poi tanto dai slogan di oggi: se ne sono susseguiti poi nel tempo di referendum contro gli stranieri in Svizzera, l'ultimo è alle porte tra qualche settimana! Si dice che conservare la memoria aiuti a non ripetere gli stessi errori. La nostra società ha tanto bisogno di buona memoria. Lavoro preziosissimo che consiglio a tutti di leggere.
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