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Anno edizione: 2011
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Buon libro ma con un forte limite: l'analisi superficiale della presenza cinese in Africa. Dambisa Moyo confonde l'appoggio dei regimi africani alla presenza cinese con l'appoggio degli africani tout court. Omette di dire che gli investimenti cinesi nelle infrastrutture e nelle imprese africane, basati sul principio politico della neutralità, finiscono potenzialmente con il rafforzare lo statu quo e quindi la classe politica corrotta al potere. Non coglie il carattere neo coloniale degli scambi sino-africani: la Cina importa materie prime ed esporta prodotti finiti. Risultato: il tessuto economico africano, già poco sviluppato, continua a deindustrializzarsi nel tempo. Anche quando la Cina crea stabilimenti sul territorio l'indotto è scarso, visto che impone in gran parte l'assunzione di manodopera cinese. Da integrare con "L'Africa cinese" di Stefano Gardelli e "I disastri dell'uomo bianco" di William Easterly
Questo libro ha scompigliato le idee su come innescare lo sviluppo nei paesi africani; 50 anni di prestiti internazionali non hanno portato a nulla, se non classi locali di arraffoni che si gettano a capofitto su questi flussi immani di soldi, di fatto regalati e senza timore di ripercussioni (perlomeno su di loro). L'annullamento del debito africano non è una soluzione e genera distorsioni. I paesi africani devono saper ricorrere ai mercati, facendosi assegnare un rating, emettendo obbligazioni e, se sono inadempienti, non avranno più finanziamenti a tassi decenti. Solo così si innesca il circolo virtuoso per cui i governi, creano strutture e regole più efficenti; solo così si favoriscono gli investimenti diretti dall'estero. Si parla poi molto del nuovo ruolo della Cina, benefattore "interessato" molto più efficiente dell'occidente e gigantesco acquirente di materie prime, la grande risorsa dell'Africa. Si parla del microcredito, del valore delle rimesse degli emigranti e della necessità di poterle convogliare in circuiti finanziari ad oggi pressochè inesistenti. Un libro molto interessante, divulgativo, ma con posizioni di rottura rispetto all'approccio dominante.
Libro che meriterebbe di più, ma non è facile ritrovarsi tra tutte quelle sigle e quei numeri. E' molto interessante anche perchè forse per la prima volta vengono smascherate le iniziative di quei personaggi alla Bono che probabilmente hanno fatto più danni che benefici negli ultimi anni. Da notare che l'autrice, economista della Banca Mondiale, è nata in Africa, nello Zambia, dove vivono ancora i suoi genitori. La sua tesi è tutto sommato semplice: finiamola con gli aiuti e vedrete che anche l'Africa si risolleverà. Pensare che solo 30 anni fa il Pil pro capite cinese era inferiore a quello di tre paesi africani, per cui tutto è possibile. Bisogna vincere la corruzione, la guerra, le malattie e la povertà. Smettendola con gli aiuti e iniziando a dare piena libertà ad un'attività economica, anche i paesi africani rialzeranno la testa. Anche perchè in caso contrario ci sarà la Cina che interverrà sempre più pesantemente ignorando completamente i diritti umani.
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