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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2017
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«Forse per la prima e ultima volta nella sua vita, Gadda tenta di scendere alle origini del proprio male. Non si perdona nulla: non si illude, non si compatisce, non ostenta giustificazioni né colpe immaginarie: contempla con una triste rassegnazione lo spettacolo delle proprie collere e la vanità delle cause cui sembra appassionarsi. Non arretra davanti a nessun particolare, per quanto penoso possa sembrargli; e non è vittima del proprio odio verso di sé. Così non sappiamo se ammirare il coraggio con il quale ha condotto sino in fondo l’analisi: o soffrire, insieme a lui, per la terribile piaga che nemmeno la felicità della forma può risanare». - Pietro Citati
A Lukones, in una villa isolata, una madre e un figlio si fronteggiano. Lui, don Gonzalo, che le dicerie vogliono iracondo, vorace, crudele e avarissimo, è divorato da un male oscuro, quello che «si porta dentro di sé per tutto il fulgurato scoscendere d'una vita». Lei, la Signora, è ridotta da una desolata vecchiezza e dal lutto per la morte dell'altro figlio (il «suo sangue più bello!») a una spettrale sopravvivenza. Li unisce un amore sconfinato, li separa un viluppo di gelosia, senso di colpa, rancore, dolore - preludio al più atroce degli epiloghi. Intorno a loro una casa dissennata, feticcio narcissico ed epicentro di ogni nevrosi, estremo rifugio e tomba, e un'immaginaria terra sudamericana identica alla nostra Brianza, vessata dai Nistitúos provinciales de vigilancia para la noche ? che a tutti vorrebbero imporre la loro violenta protezione ?, assediata da robinie e banzavóis, disseminata di strampalate ville, popolata di «calibani gutturaloidi» che come miserabili Proci dilapidano le attenzioni della Signora. E che Gonzalo vorrebbe cancellare, insieme al barcollante feudo e a tutte le «figurazioni non valide». Perché il «male invisibile» da cui è affetto lo condanna a distinguerle e negarle, quelle «parvenze»: a respingere la «cara normalità», la turpe contingenza del mondo. Anche a prezzo di negare se stesso, anche a prezzo della più dura cognizione, quella che consegna alla solitudine e alla «rapina del dolore».Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Romanzo fra i migliori di tutta la letteratura italiana, e, per quanto conosco io, universale. E' la rappresentazione, in estrema sintesi, dell' immedicabile nevrosi del suo protagonista Don Gonzalo. Don Gonzalo soffre la realtà, è offeso in ogni suo tentativo di trovarvi una relazione, un suo lembo cui appigliarsi. La realtà lo ferisce, non lo include, con tutto il suo garbuglio di pessimi odori, suoni gutturali e meschina arte di arrangiarsi. Il rovistare in questa materia alla ricerca di orientamento si sostanzia in un lussureggiare di immagini affrontate con dovizia di tecniche descrittive diverse e di conio dell' autore, come se la lotta pretendesse nuovi tipi di presa, approcci sempre più complessi. Eppure, tutto questo lavoro finisce nel registro del grottesco, mai raggiunto da nessuno scrittore con questa precisione; l'umorismo pesante delle cose per le quali nessun rimedio si intravede. La nevrosi cerca cura in una tensione freudiana, ma la fatica non viene premiata; l' Io minacciato non riesce che a enumerare brutture offensive e a misurare distanze incolmabili che sono prefigurazione di addio. La vita si riduce ad uno stagno soffocato che non dà approdo possibile. Allora: perchè raccontare ? Per chi distillare con sforzo palpabile il prodotto di una materia che sembra solo parodia ed insensatezza ? Solo la morte, la "terribile parola della morte e la sovrana coscienza della impossibilità di dire :Io" è cosa seria in questo guazzabuglio farsesco. E però Gadda ha rispetto per il suo lettore, quand'anche costui fosse solo un altro dei peones zoccolanti o dei manichini ossobuchivori; merita, egli lettore, la fatica del cercare, del dire nel modo più esatto: ovvero il lavoro del fare poesia. Gadda non disprezza il suo lettore, lo mette a parte di ogni ombra. Credo che il lavoro di Gadda sia collocato ai vertici della letteratura mondiale e forse solo l'oggettiva intraducibilità delle sue opere ne ha limitatao il riconoscimento fuori dal nostro Paese.
Una lettura dura e profonda, per palati ultra fini.
Il capolavoro non solo di Gadda, ma per me della letteratura italiana del ‘900. In un Maradagal brianzolo naviga impaludato l’animo sensibile e depressissimo del Sig. Gonzalo Pirobutirro d’Eltino. Impossibile recensire un romanzo così articolato in poche righe, basti dire del profondo coraggio dell’autore che seppe indagare in profondo le proprie nevrosi più di quanto noi potremmo anche solo immaginarle negli altri. Di una bellezza stilistica e di un nitore letterario e descrittivo impareggiabile. Tra i molti periodi degni di ricordo uno in particolare: “Al passar dell nuvola, i carpini tacquero”..
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