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In Elogio dell'ospitalità Priya Basil ci spinge a esprimere la nostra generosità, invitandoci a offrire e ricevere, condividere e accogliere senza riserve, per capire che solo nell'ospitalità incondizionata possiamo trovare il nostro senso di comunità. E vivere così in un mondo in cui ogni persona può sentirsi a casa, chiunque essa sia.
Riesci a immaginarti a una cena con il tuo fidanzato tedesco e tua madre indiana? Lei che cerca di rimpinzarlo, lui che cerca di rifiutare cortesemente e tu che cerchi di non scoppiare a ridere. E magari ti viene in mente quella volta in cui, da piccola, lei aveva preparato il suo piatto forte, il tuo piatto preferito - un kadhi di curry, coriandolo e peperoncino -, e tu ci sei rimasta male perché non potevi mangiartelo tutto tu e ti toccava condividerlo con gli ospiti. Oppure quella volta in cui hai tenuto banco al pranzo nel centro di accoglienza per migranti, riuscendo con l'aiuto di un manicaretto curdo a far dialogare culture lontanissime tra loro. Priya Basil ci racconta con ironia e schiettezza che cosa significa essere ospitali e come usare la condivisione del cibo per imparare a stare insieme, al di là di ogni differenza e diffidenza. Perché il cibo abita le nostre vite. Ci sfama, ci sostenta, ci appaga. E, se inatteso e bizzarro, può anche stupirci e spaesarci, proprio come chi non conosciamo: l'altro da noi, il forestiero che bussa alla nostra porta e ci chiede di entrare. Riusciamo a sorprenderci e insieme nutrirci dell'imprevisto? Può la comunione di un piatto diventare comunione di esistenze? Siamo capaci di offrire un posto accanto a noi allo straniero di cui non sappiamo nulla?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Si tratta di riflessioni su che cosa voglia dire ospitare ed essere ospitati, dare e ricevere. Con-dividere il cibo non equivale soltanto a sfamarsi a vicenda, ma ad osservarsi, conoscersi, aprire una strada che dalla bocca possa arrivare al cuore. L’ autrice ci ricorda come il cibo sia stato spesso “brandito come forma di potere, efficace per premiare o punire, per sfoggiare lusso oppure ostentare generosità.”Il cibo è stato strumento di colonizzazione, di condizionamento culturale, ma ha anche abbattuto barriere, Esso è oggi la merce più “globalizzata. " Quest’ ultimo aspetto gli ha tolto, in parte, i caratteri di specificità, di elemento identitario, talvolta su base etnica. Il cibo è portatore di valori, escludente ed accogliente, conviviale e specifico. Esso raccorda tradizioni, rinsalda legami, anima storie, scioglie parole. “Il cibo ci da forma e ci svela”. Ciò che fa la differenza è il modo di stare a tavola, di essere aperti all’ altro, di offrire un’ ospitalità individuale e collettiva che sia davvero incondizionata. Quanto ne siamo capaci? Può la nostra generosità essere davvero tale? La mancanza d’ equità nella disponibilità e nella distribuzione del cibo nelle diverse aree del mondo è un problema che riguarda tutti ed interroga profondamente la nostra umanità. Allo stesso modo, lo spreco alimentare è una colpa pesante e condivisa. Il nostro modo di alimentarci produce allarmanti conseguenze sull’ ambiente, ma esse vengono frequentemente sottovalutate. Le vere democrazie dovrebbero occuparsi di tutto ciò con maggiore lungimiranza. Come ha scritto Hannah Arendt: “ Siamo tutti uguali cioè umani, ma in modo tale che nessuno è mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà.” Tale pluralità dovrebbe essere il presupposto di ogni azione umana. Cibarsi è necessario per tutti, ma dovremmo meglio ricordare che ogni persona che giunge a noi, alla nostra tavola, è altro da noi, tuttavia, è come noi, nostro doppio, nostro simile e incarnazione divina.
Recensioni
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