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"Un veicolo armato nemico! Un problema serio. Riuscii a scansarlo, però; sfuggii anche alle streghe nei campi di girasole. Sfondai una palizzata cadente, con la mia arma levata in aria, e attraversai di corsa un campo in fiamme coltivato a carri armati distrutti, verso una destinazione completamente oscurata dal fumo, ed ero così terrorizzato da non avere neppure paura" E' solo uno tra mille possibili esempi della prosa poderosa con cui Vollmann cavalca nel cuore di tenebra del novecento europeo; lo fa raccontando, più o meno verosimilmente, e comunque facendo largo uso di proprie interpretazioni, le vite, intrecciate l'una con l'altra con fili invisibili eppure apparentemente inestricabili, di personaggi realmente esistiti, alcuni celeberrimi, e altri di fantasia. Vollmann utilizza a piene mani tutti i mezzi espressivi a disposizione di un autore (un esperto in narratologia potrebbe parlare ore di fiction, metafiction, cambio del punto di vista e chi più ne ha più ne metta, ma chisseneimporta...) senza però che, e qui si rivela la stoffa del fuoriclasse, ciò divenga espediente fine a se stesso. Vollmann è scrittore tanto "oltre", tanto "fuori scala" per i parametri usuali, specie italioti, da non aver bisogno di dimostrare di essere, o di voler dimostrare di essere, un "intellettuale", un "uomo di cultura", e i trucchi del mestriere che impiega sono sempre creatori di significato e non svenevoli birignao. Romanzo grandioso, anche se l'autore ne parla come di "racconti" (ma scherza, non ascoltatelo) ...mille pagine che volano e alla fine ne avrei volute altre mille.
Condivido gli altri commenti,ma a me,è piaciuto molto!! Consiglio,visto il tema, Le Benevole.
Un'opera apocalittica, sia nella forma che nella sostanza. E' come se fosse un'esperienza temporale. Sicuramente non per tutti, non per molti. Ma se l'istinto vi dice di provare, buttatevi a capofitto nel vortice della storia.
Recensioni
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Per il decennale della morte di David Foster Wallace si è assistito a un notevole proliferare di articoli, e conseguenti dibattiti social, non di rado caratterizzati dal fatto che la maggior parte di chi si esprime circa l’autore e il suo magistero lo conosce attraverso i suoi bellissimi saggi, i suoi eccellenti racconti o per lo spassoso reportage Una cosa divertente che non farò mai più, ma non ha letto Infinite jest , il romanzo-mondo che è fulcro e apice della sua opera, cosa che, specie in un paese in cui pure non si legge granché il suo diretto progenitore Pynchon (o tantomeno il “progenitore 2”: Gaddis) può causare rilevanti fraintendimeni: il parlarne come di un grande osservatore, di un uomo di straordinaria sensibilità o dell’alfiere dello stato d’animo dominante la nostra epoca. Tutte caratteristiche che senz’altro gli appartengono, ma che non sono che corollari alla sua capacità di scrittura: all’esattezza della sua prosa e alla complessità delle sue architetture narrative – e al fatto che avesse stabilito nel romanzo il dispositivo più efficace per l’analisi della realtà.
L’innamoramento per Wallace ha portato molti a non accorgersi di un coetaneo (classe 1959, laddove DFW è del ‘62) che mai gli fu da meno: quel William T. Vollmann autore, oltre a trattati sui temi più disparati – dalla violenza al riscaldamento globale, da Copernico all’Afghanistan –, dei Sette sogni, sette momenti chiave della storia d’America narrati in altrettanti poderosi romanzi. In Italia se ne erano visti due: La camicia di ghiaccio, oggi irreperibile, sull’arrivo dei vichinghi in Groenlandia, e Venga il tuo regno, sull’incontro tra gesuiti e irochesi in Canada.
Minimum fax ne ha ripreso i diritti, e i Sette sogni torneranno: nell’attesa, il lettore italiano può tuffarsi nel “mondo” di Europe central, cattedrale narrativa le cui colonne sono conficcate nella Germania e nella Russia della Seconda Guerra.
Vanni Santoni
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