"Regista italiano. Dopo una laurea in giurisprudenza, il diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma lo indirizza alla regia, alla quale approda dopo una lunga trafila di aiuto-regie (soprattutto con L. Zampa: Anni facili, 1953), di una seconda unità (Tam Tam Mayumbe, 1955, G.G. Napolitano) e di un paio di coregie (con G. Puccini: Parola di ladro e Il marito, entrambi del 1957), tutte esperienze che gli forniscono un buon mestiere, in particolare nella direzione degli attori. Se il primo film, Audace colpo dei soliti ignoti (1959), nasce con l'intenzione evidente di sfruttare il successo di I soliti ignoti (1958) di M. Monicelli, i successivi Un giorno da leoni (1961) e Le quattro giornate di Napoli (1962), entrambi incentrati su episodi significativi della Resistenza italiana al nazifascismo, dimostrano la felice vena di L. nel raccontare la dimensione quotidiana e umana di eventi storici tanto densi di significato. Buon osservatore dei costumi e delle (male)abitudini dei suoi connazionali, in televisione, dove sarà sempre molto attivo, preconizza con trent'anni di anticipo il voyeurismo catodico in Specchio segreto (programma fondato appunto sulla candid camera di persone inconsapevoli, con L. frequentemente in scena a reggere il gioco), mentre al cinema naviga a vista tra commedie di costume, spesso nella consueta formula a episodi (tutti suoi, come Made in Italy, 1965, oppure condivisi con altri registi, come Signore e signori, buonanotte e Quelle strane occasioni, entrambi 1976), e analisi più personali, tra sarcasmo e malinconia, di microcosmi particolari. Appartengono a questo secondo filone Il padre di famiglia (1967), sulla metamorfosi sociale e ideologica della famiglia italiana, Detenuto in attesa di giudizio (1971), vibrante denuncia del malfunzionamento della giustizia dei tribunali, e soprattutto Sistemo l'America e torno (1974), sul razzismo negli Stati Uniti. Dopo Café Express (1980), amaro spaccato di una piccola umanità cinica e cialtrona che si arrangia a sopravvivere vendendo abusivamente caffè sui treni, negli anni '80 si lascia irretire da una routine produttiva che, salvo poche occasioni (il ritratto tragicomico di una frenetica napoletanità di Mi manda Picone, 1983), lo obbliga a privilegiare il mestiere sull'ispirazione (Amici miei atto III, 1985; Scugnizzi, 1989)."