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Il Gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa - copertina
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Il Gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa - copertina
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Descrizione

Nato nell’Italia del dopoguerra, Il Gattopardo guarda al 1860 per raccontare la metamorfosi di un Paese: l’elegia di una classe al tramonto e l’irrompere del nuovo, sotto il segno lucidissimo del trasformismo.

«Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.»


Un principe astronomo, Fabrizio Corbera di Salina, osserva cieli e uomini con la stessa impassibile precisione. Mentre in Sicilia sbarcano i Mille e la storia si rimette in moto, la vita scorre fra il palazzo di Palermo e la villa di Donnafugata: il rosario del mattino, la calura di giugno, le conversazioni che misurano la distanza tra ciò che muore e ciò che nasce. Al fianco di don Fabrizio, il nipote Tancredi, che intuisce la direzione del vento e ne approfitta. E poi Concetta, la figlia severa e silenziosa; don Calogero Sedara, il sindaco che si muove con il passo intraprendente della nuova borghesia; Angelica, bellezza che accende i salotti e inaugura un’alleanza nuova. Nel ritmo delle stagioni, la trama privata s’intreccia con quella pubblica: l’antico ordine arretra, la convenienza detta il galateo del potere, le parole cambiano perché nulla cambi davvero. Lo sguardo del Principe riconosce, nei gesti degli uomini, le stesse leggi che governano le costellazioni: trasformazione, finitezza, disincanto. E se un emissario del nuovo Regno viene a offrire un seggio, la risposta che riceve è il ritratto più netto di una terra: orgogliosa, stanca, sapiente della propria immobilità. Senza proclami, Tomasi di Lampedusa affida alla perfezione della frase il racconto di una fine e di un inizio: un romanzo in cui la politica diventa costume, il costume destino.
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Dettagli

2026
Tascabile
13 gennaio 2026
304 p., Brossura
9788807950735

Valutazioni e recensioni

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B.B.
Recensioni: 5/5

Romanzo semplicemente meraviglioso. Almeno una volta nella vita dovrebbe essere letto da tutti. Ricchissima fonte di spunti e riflessioni storiche sul periodo risorgimentale. Ne consiglio la lettura assieme a "I Viceré" di De Roberto, ma mentre in quest'ultimo vi è l'amara delusione dell'autore per il tradimento dei ideali risorgimentali, ne "Il Gattopardo" traspare a mio avviso una certa nostalgia per un mondo ormai al tramonto. Consigliatissimo.

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rigus68
Recensioni: 4/5
Splendido affresco della Sicilia del 1860 e oltre

Il racconto si dipana su otto capitoli, che abbracciano un intervallo temporale di 50 anni, dal maggio 1860 al 1910, ma con un”buco” di 27 anni in cui nessun evento è narrato. Fabrizio Corbera (il Gattopardo), principe di Salina, si unisce in matrimonio con una ragazza di 16 anni, di cui non vedrà mai l’ombelico ma che gli darà sette figli. Si diletta anche di scienza, studia le stelle con tre telescopi e due cannocchiali e vincerà pure una medaglia d’oro alla Sorbona. In sottofondo il ritornello dell’immobile e statica società sicula del tempo: “tutto cambia perché tutto rimanga com’è”. Nel romanzo il palazzo di Donnafugata diventa il castello delle meraviglie, nella cui sequenza di stanze quasi infinita il lettore si perde. Quivi il nipote Tancredi (sembra un personaggio dell’Orlando Furioso) si fidanza con la bella Angelica, donandole un anello con un grande zaffiro ottagonale contornato da brillantini. Ma non sarà un matrimonio felice poiché Angelica è arrivista e lo sposa per scalare l’alta società. In un ambiente così “ingessato” il succedersi degli eventi ha scarso valore: “le novità attraggono soltanto quando sono defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali”. Non è una Sicilia romantica, bensì uno scenario di miserie e malattie, poiché la povera gente (la massa della popolazione) è troppo misera per aver pure risorse per curare i propri malanni. Ed è una Sicilia riarsa dalla siccità: “incessante passaggio di venti che arpeggiano il proprio lutto su superfici assetate”. E’ qui ricordata la cripta dei Cappuccini di Palermo, dove gli scheletri appesi (di frati e personaggi nobili, ognuno con le proprie vesti) sono monito del “memento mori” evangelico. All fine un monsignor vicario piomberà nella cappella delle pie sorelle di Fabrizio e farà strage dello sterminato numero di reliquie comprate dalle due zitelle: solo 5 si salveranno. Romanzo potente ancor oggi di grande attualità.

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AAA
Recensioni: 5/5

Questo libro deve stare nella biblioteca di tutti/e! è ormai un classico da leggere assolutamente. Lo consiglio.

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Conosci l'autore

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

1896, Palermo

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, duca di Palma e principe di Lampedusa si formò su scritti illuministici e raccolte di relazioni militari. Il suo casato ha origini bizantine ed è uno dei più antichi del Regno delle Due Sicilie. Da bambino studiò nella sua casa a Palermo sotto l'insegnamento di una maestra, della madre e della nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Frequentò il liceo classico a Roma e in seguito a Palermo. Sempre a Roma nel 1915 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, senza terminare gli studi. Nello stesso anno venne chiamato alle armi, partecipò alla disfatta di Caporetto e fu fatto prigioniero dagli Austriaci, in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia. Divenne narratore solo nella seconda...

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