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Un monologo lungo circa trecento pagine. Parole scritte di getto, subito dopo l'11 settembre. Classico saggio giornalistico. Usa toni forti, non ha paura di toccare corde difficili. Un libro che si legge tutto d'un fiato. Di un attualità spaventosa.
E' passato tempo dal 2001 e le stesse reazioni di allora (ad esempio: la guerra in Afghanistan) non sembrano aver prodotto se non recrudescenze e situazioni insostenibili. Il libro di Oriana Fallaci, grande giornalista e di sicuro persona sincera, esprime davvero molta rabbia, oltre l'invettiva, e molta impotenza, Il suo pregio è di chiamare le cose con il loro nome; il suo difetto di imbandire uno scontro di religione dal potenziale devastante. Gli oltre vent'anni trascorsi ci dicono che soluzioni di forza non ne esistono; che i talebani sono tornati e sono peggio di prima. Sono molto diviso suo questo libro; mi tengo soprattutto l'esecrazione per la deriva dell' occidente, le nostre mollezze, il nostro desiderio di non prendere posizione e non investire nulla di noi stessi. Il benessere che ci stordisce. Tengo anche la sostanza delle considerazioni sugli Stati Uniti, fuori dalle pericolose ambiguità che ancora oggi emergono. Ma l'esito dell' argomentare di questo libro non saprebbe portare che a catastrofi. Credo che nessuno abbia tuttora soluzioni, ma credo anche che il fuoco di questo scontro sia tuttora ben vivo; solo se ne parla meno e questo non è un bene. Dunque rileggere questo pamphlet vale ancora per tener desta l'attenzione.
Bellissimo libro che raccoglie il lungo articolo che la Fallaci - residente a New York ormai da diversi anni - scrisse appena dopo l'11 settembre 2011 (attentato delle Torri Gemelle da parte di componenti integralisti e fondamentalisti dell'Islam) per un importante quotidiano italiano. Credo che questo testo dovrebbe essere letto (meglio: studiato) dai nostri decisori politici, di destra e di sinistra (e di centro) ed essere anche oggetto di discussione critica nelle classi delle scuole superiori. Il libro è arricchito da una lunga e drammatica prefazione nella quale la scrittrice e giornalista toscana spiega il motivo per cui ha deciso di uscire dal volontario esilio letterario; inoltre qui parla anche di sé stessa, del suo lavoro e delle sue scelte ideologiche rigorose e spietate.
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