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Questo è il secondo romanzo della trilogia con protagonista Neron Vukcic, il futuro Nero Wolfe. Mi è piaciuto più del primo. Qui abbiamo Neron con alcuni degli atteggiamenti, le abitudini e i comportamenti tipici di Nero Wolfe. La storia è godibile, la ricostruzione di ambienti ed epoca è molto accurata. Non vedo l'ora di leggere il terzo romanzo.
Un netto miglioramento rispetto a "il trio dell'arciduca", il primo caso del giovane Nero Wolfe: ne "il sesto faraone" Hans Tuzzi decide di rispettare le regole del giallo classico (da lui stesso stilate sulle pagine della rivista "il Libraio"), e il risultato arriva. La Alessandria multiculturale degli inglesi, degli ebrei, dei greci come Kavafis, popolata di ricchi rampolli e colti ecclesiastici, fa da sfondo a un giallo che più classico non si può, dove Neron Vukcic si muove molto più a suo agio che nella spy story "on the railroad" del primo romanzo. L'autore, come suo stile, dissemina nuovamente infinite citazioni e omaggi da bibliofilo, ma questa volta riesce a mimetizzarle nell'intreccio con più garbo e discrezione, e tutta la lettura ne giova. Il mistero non è troppo misterioso e ancora manca una spalla che faccia da controparte ai primi bronci giovanili di Vukcic, ma il risultato è godibile. Attendiamo un nuovo seguito!
Bella l’idea di due gialli con protagonista Nero Wolfe prima di Nero Wolfe, Il Trio dell’Arciduca e questo Sesto Faraone. Bella, accurata e quasi cinematografica la rappresentazione di Alessandria d’Egitto al crepuscolo del colonialismo. Bella l’idea di sfidare il lettore non tanto sull’identità dell’assassino, quanto sull’indizio che lo tradisce. Bello lo stile, in questo autore sempre molto accurato. Io, che sono fiorentino da otto generazioni, ho poi apprezzato il dialogo con l’oste Dante e sua moglie Bice, Beatrice. Ricordo infatti che la comunità italiana era molto numerosa, ad Alessandria, città natale di Ungaretti, Pea, Marinetti. Bravo, Tuzzi.
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