Venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d'Italia

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Venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d'Italia
Edmondo Berselli
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18/09/2007 15:40:23
delizioso nella sua intelligente ironia.
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09/03/2007 17:47:35
Berselli, a differenza di quello che ho letto nella maggior parte delle altre recensioni dei lettori, riesce con sagacia, con immensa preparazione, a volte sfociando nell' "onnipotenza", e con l'ironia tipica dell'uomo di cultura universale a darci un quadro tristemente perfetto della cultura attuale e soprattutto dei suoi rappresentanti più quotati. Ci fa capire che superato il passaggio da soliti s... a venerati maestri tutto sembra consentito, anche quando si crea l'incompresibile bisogna adularlo passivamente. Mi auguro comunque che un giorno figuri tra i venerati maestri anche il nome di Berselli.
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12/02/2007 10:12:24
Questa volta il Berselli ha esagerato. Nel voler essere spiritoso e onnicomprensivo non salva nessuno, nemmeno se stesso, che pure ha attraverstao la stagione Einaudi, poi quella Adelphi, per essere qui a dirigere riviste e case editrici, scrivere libri, e comparire in tv, forse non per diventare venerato maestro, ma certo col rischio di finire nel baratro dei soliti s... Nella notte nera tutte le vacche sono uguali, e invece le differenze restano e contano: tra Giulio Einaudi e Giuliano Ferrara scelgo Einaudi, che aveva intorno a sé gente come Calvino, Pavese, Vittorini, e scusate se è poco. Lo scrittore Calvino non è lo scrittore Baricco, il polemista Pasolini non è il polemista Busi; i film di Nanni Moretti possono non piacere, resta il fatto che è l'unico ad aver raccontato veramente quella generazione; come i Monicelli, i Risi, hanno raccontato la generazione uscita dalla guerra, Moretti solo ha raccontato la generazione uscita dal '68, gli altri, da Verdone in giù hanno presentato solo macchiette. Il risultato è un libro dove tutto si confonde, e l'excusatio non petita finale non fa che ribadire che il gioco non è riuscito: l'ironia che si vuol spalmare su tutto, senza distinguere, finisce in melassa, poco divertente e anche un po' fastidiosa.
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07/02/2007 23:21:20
Divertente, letto in pochi giorni. Puzza di pettegolezzo abietto. Abbatte idoli, ma nel frattempo Berselli recensisce Baricco, senza strocarlo, sulla comune "Repubblica". L'ho letto con un minimo divertimento, finito con una certa delusione. Berselli non è certo un venerato maestro. La sua saccenza cozza, ad esempio, col suo parlare di calcio come di cosa degna di nota. Non è certo Brera e non credo che Brera stesso fosse chissà che. Uscivo da un "Cacciatore di aquiloni" regalato, finito faticosamente. A mente fredda, ridurrei a due le stellette
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10/01/2007 13:13:43
Non si capisce bene se prende in giro i lettori o si prende in giro da solo. Secondo me trasuda abbastanza invidia, salta da una citazione all'altra senza un filo logico apparente. Non lo consiglio.
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24/12/2006 14:54:21
La cultura sarà da piangere, ma il libro non è da ridere. Questo libro Berselli se e ce lo poteva risparmiare. E' stato un vero tiro mancino ai suoi lettori che in futuro faranno bene a riflettere prima di accingersi in nuove letture del maestro Berselli.
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21/12/2006 14:30:13
Anche se da iniziati, un divertimento per noi, e per l'autore, e un sollievo per quanti hanno vissuto più stagioni. Forse è incompleto!
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03/12/2006 14:50:33
Un saggio che vuole essere un divertissement sulla cultura italiana ed i suoi esponenti più venerati. Forse ci riesce. Nel senso che diverte lo scrittore, perché il povero lettore...
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24/11/2006 22:10:36
Alzi la mano chi, dopo aver letto l'ennesimo libro o visto l'ennesimo film del venerato maestro di turno osannato dalla critica ed esaltato dal pubblico, non ha pensato in tutta onestà di trovarsi di fronte ad una boiata pazzesca ma non l'ha detto per evitare di essere additato come un disfattista. Questo libro dà voce a tutte le voci fuori dal coro conformista. Non ho dato il massimo del punteggio solo perchè a volte risulta contorto ma vale la pena leggerlo.
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23/11/2006 23:27:39
Berselli, con tocco comico, si scaglia contro la cultura dominante smascherando fatuità e sciocchezze dell’industria culturale odierna. Lo stile è bonario e divertito e dal tono bonario si intuisce che parla di amici.
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22/11/2006 10:33:11
Magnifico. Lo leggi e godi. Scritto con deliziosa e irriverente ironia. Finalmente qualcuno che dice le cose che in molti pensiamo su insopportabili intoccabili. Un libro da regalare a tutti i conformisti politicamente corretti per farli finalmente pensare con la loro testa.

Daniele Rocca
C'è qualcosa che non va nella cultura italiana. E' il "conformismo diffuso, l'ovvio dei popoli, il velluto di ipocrisia collettiva che sembra avere coperto con una specie di indiscusso canone artistico, intellettuale e spettacolare l'Italia contemporanea, in ragione del quale tutti sono d'accordo con tutti, e nessuno obietta mai niente." Edmondo Berselli, dopo il successo ottenuto con Post-italiani, inizia con queste premesse la sua nuova critica corrosiva al "regime ferreo degli infallibili" vigente fra gli intellettuali italiani, un modo di essere che inibisce qualsiasi critica autonoma e fuori dal coro. Perché, si chiede l'autore, tutti leggono Baricco e nessuno dice di ammirarlo? Perché nella nicchia degli opinionisti non si legge "Il codice Da Vinci" e non si comprano i romanzi di Andrea Camilleri? Quel senso comune e quel conformismo che dominano le questioni di gusto nel nostro Paese nascono, secondo Berselli, da un'arruffata formazione culturale che insegnava a dividere il mondo in due. Sopra una certa linea c'era la cultura buona, ovvero il progresso, la "rottura di scatole a fini di riscossa estetica o proletaria"; quella era la consapevolezza, la coscienza, la cultura "avanti, oltre, all'avanguardia". Sotto la linea invece, c'era la classifica bassa, il mondo del passato e della tradizione, il vecchiume volgare e inconsistente.
L'egemonia culturale era ben rappresentata dai volumi Einaudi, con quelle bianche copertine accecanti che poi si ritrovavano ben inscaffalati alle spalle di Nanni Moretti nei suoi film cult "Ecce Bombo" o "Bianca". Proseguiva con il rigore implacabile di Norberto Bobbio e dell'intellighenzia azionista torinese, si sdoppiava con la nascita dell'elegantissimo editore Adelphi. Poi via via si è materializzata nei film ideologici di Bernardo Bertolucci, dal libro sessantottino "Porci con le ali" la cultura dominante ha poi imposto "Innamoramento e amore", di Alberoni. Che botta quella, scrive Berselli. E' lì che si disse: "Qui bisogna fare i conti con i Pooh". Con qualcosa di più terra terra.
Un libro ironico e molto divertente, che non risparmia nessuno degli idoli culturali della società italiana, da Benigni a Dario Fo (che con i suoi pistolotti pedagogici sul più bello rovinava fantastiche gag dialettali), al professor Claudio Magris ritratto nella sua Trieste alle prese con il Corriere che gli chiede l'ennesimo autorevole articolo. Eccoli qui i venerati maestri di quest'Italia incerta fra sinistra e destra: Eco, Cacciari, De Gregori e Battiato, Mieli e Ferrara. Personaggi col complesso di superiorità, pensieri forti divenuti deboli, ritratti con veemente ironia da un autore in grande spolvero.
