La Psicoanalisi nasce a fine Ottocento come metodo di esplorazione della mente e teoria generale del comportamento umano. Fondata da Sigmund Freud, si basa sull’idea che la vita psichica sia in gran parte inconscia e che i sintomi, i sogni e gli atti mancati esprimano conflitti interiori. La cura, attraverso la parola e l’ascolto, mira a portare alla coscienza ciò che è rimosso, restituendo significato al dolore e alla storia personale. Con Freud, la psicoanalisi diventa non solo una pratica terapeutica, ma anche una visione dell’uomo, del desiderio e della civiltà.
Nel corso del Novecento la psicoanalisi si è articolata in numerosi indirizzi teorici. Le scuole freudiane, junghiane e lacaniane hanno approfondito il ruolo dell’immaginario, del linguaggio e dell’inconscio collettivo, ridefinendo il rapporto tra soggetto e realtà. Altri autori, come Melanie Klein, Donald Winnicott e Wilfred Bion, hanno spostato l’attenzione sulla dimensione relazionale e affettiva, introducendo il concetto di sviluppo psichico precoce. Nella pratica clinica contemporanea la psicoanalisi dialoga con la psicologia dinamica, la psichiatria e le neuroscienze, mantenendo viva la domanda sul senso dell’esperienza interiore.
Studiare la psicoanalisi significa attraversare un territorio in cui la scienza incontra la letteratura, la filosofia e l’arte. I concetti di inconscio, transfert, rimozione e pulsione hanno influenzato profondamente la cultura del Novecento, dall’antropologia al cinema. A più di un secolo dalla sua nascita, la psicoanalisi rimane un esperimento aperto sul linguaggio dell’inconscio e sul rapporto tra conoscenza e verità. La sua attualità non sta nelle risposte, ma nella radicalità delle domande che continua a porre.