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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2018
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Noia mortale e infinita. Un guazzabuglio di ovvietà moralistiche, di personaggi verbosi e improbabili, di trame e situazioni grottesche e incomprensibili. Le pagine di sesso e quelle di violenza sono prevedibili come un videogioco mal riuscito. Per descrivere il nulla, il nulla non è mai lo stilema più indicato. Americanata insopportabile.
Dialoghi spumeggianti sì, ma questo libro mi è sembrato un gigantesco pastrocchio. E man mano che procedevo nella lettura mi sembrava sempre peggio. Questo autore poi, quando diventa truculento, mi è sempre apparso insopportabile.
Glamorama... l'ho letto di gusto... però cioè come ha già detto qualcuno non c'è un filo logioco, una partenza una fine in tutta la storia... a me sembra una racconta di idee, pensate e scritte ma che tra loro non hanno molto in comune... Fuoriesce una fusione dei suo stili... amori, sesso, droga come in LE REGOLE DELL'ATTRAZIONE; uccisione, torture, malvagità come in AMERICAN PSYCHO; riflessioni, paranoie, introspettive come in LUNAR PARK;
Recensioni
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recensioni di Bosco, A. L'Indice del 2000, n. 01
7 "- Puntini - sul terzo pannello ci sono puntini dappertutto, non vedete? - no, non quello, il secondo dal basso, ieri volevo farli notare a qualcuno ma poi c'era un servizio fotografico e Yaki Nakamari o come cazzo si chiama il designer - si fa per dire - mi ha scambiato per qualcun altro e così non sono riuscito a farmi sentire, ma ragazzi - e ragazze - eccoli: irritanti, minuscoli puntini che non sembrano lì per caso ma fatti da qualche macchina - quindi niente stronzate, solo la storia nuda e cruda, senza fronzoli, solo i fatti: chi, che cosa, dove quando e non dimentichiamo il perché, anche se a giudicare dalle vostre brutte facce ho la netta impressione che il perché non avrà risposta - dunque, allo-
ra, si può sapere che cosa succede?"
6 Così inizia Glamorama, l'ultimo libro di Ellis: con questo sproloquio irritato del bellissimo Victor Ward, io narrante e protagonista, giovane modello semifamoso, fidanzato di una modella davvero famosa, aspirante attore, vuoto nell'animo come il suo conto in banca, alle prese con l'inaugurazione di un locale à la page nuovo di zecca a New York, nel mezzo del mondo luccicante della moda, del cinema, dello star system. E attraverso questo esordio il lettore si lascia trascinare, grazie all'indubbio talento di Ellis nella costruzione dei dialoghi, attraverso tale mondo glamour, seguendo le peripezie di Victor, la concitazione dell'inaugurazione, delle sue avventure amorose, della sua insoddisfazione, della voglia di arrivare ancora. La prima parte del libro (la migliore) è composta da 239 pagine che si divorano d'un fiato, concepite come una rutilante luce stroboscopica. Leggendo l'incipit con attenzione si individua davvero la chiave di tutto il libro: "niente stronzate, solo la storia nuda e cruda, senza fronzoli, solo i fatti: chi, che cosa, dove quando e non dimentichiamo il perché, anche se a giudicare dalle vostre brutte facce ho la netta impressione che il perché non avrà risposta".
5 Ecco: tutta la storia, tutto il dramma è pura superficie e riguarda davvero un'inezia; solo i fatti, senza fronzoli: ma i fatti di cui sta parlando Victor non sono che puntini, minuscoli puntini su un pannello. La preoccupazione di Victor riguarda ciò che appare, e ciò che appare è fatto di dettagli. Glamorama è un ritratto di ciò che appare e di quanto nel nostro mondo conti tutto ciò che appare, nonostante la sua insignificanza: We'll slide down the surface of things.
4 Naturalmente Victor Ward è un idiota, come Ellis ha ammesso in più di un'intervista, e come appare, attraverso l'ironia e la profonda vena satirica della sua scrittura; seguiamo Victor mentre apprende la risposta di un suo aiutante, Peyton, alla drammatica questione dei puntini: "- Il bar di questo piano è stato progettato da Yoki Nakamuri. E approvato -, dice Peyton. - Ah, sì? chiedo. Approvato da chi? - Be', da moi -, dice Peyton. Pausa. Fulmino con un'occhiata Peyton e JD. - E chi cazzo è Moi? chiedo. - Non ho la più palli-
da idea di chi sia questo Moi, bello.
- Victor, ti prego -, dice Peyton. Sono sicuro che Damien ha già discusso il problema con te. - Ovvio, JD. Ovvio, Peyton. Ma adesso dimmi chi è Moi, bello -, esclamo. - Perché io sto, come dire, sclerando. - Moi è Peyton, Victor -, dice JD con calma. - Moi sono io -, dice Peyton, annuendo. - Moi è... francese, capisci?".
3 Victor non capisce. Del resto Victor non capisce molte altre cose: pensa che la striscia di Gaza sia un tipo di danza del ventre e che l'Olp sia un gruppo di musica techno... La preoccupazione di Victor riguarda ciò che appare, e ancora una volta Ellis - come avveniva nelle splendide descrizioni di vestiti e prodotti griffati che costellavano American Psycho (1991; Bompiani, 1993) dà il meglio di sé nel costruire il modo in cui Victor descrive il mondo: un turbinio di persone vestite alla moda, che bevono bevande alla moda, in locali alla moda, si fanno di droghe alla moda, parlano di riviste di moda e alla moda, su uno sfondo di musica alla moda. Nessun nome proprio reale è lasciato inespresso o vago, neppure quello, vero, di tanti protagonisti del jet set: da Naomi Campbell a Helena Christensen, da Wynona Ryder a Liam Neeson. In Glamorama (come del resto nello splendido romanzo di Georges Perec, Le cose, con cui presenta in questo qualche affinità) nessun nome è comune come il nome proprio, inframmezzato da brani di canzoni da hit parade che diventano parte vera e propria del conversare tra le persone; un esempio: "Fra il pubblico riesco ad individuare Anna Wintour, Carrie Donovan, Holly Brubach, Catherine Deneuve, Faye Dunaway, Barry Diller, David Geffen, Ian Schrager, Peter Gallagher, Wim Wenders, André Leon Talley, Brad Pitt, Polly Mellon, Karl Ruttenstein, Katia Sassoon, Carré Otis, RuPaul, Fran Lebowitz, Winona Ryder (che non applaude quando le passiamo davanti), René Russo, Sylvester Stallone, Patrick McCarthy, Sharon Stone, James Truman, Fern Mallis. Brani di Sonic Youth, Cypress Hill, Go-go's, Stone Temple Pilots, Swing Out Sister, Dionne Warwick, Psychic TV e Wu-Tang Clan".
2 In un'esilarante conversazione telefonica con il suo agente, che non lo riconosce, Victor cerca drammaticamente di fargli capire chi è: "Sono quello che tutti credevano fidanzato con David Geffen ma non era vero". Il riconoscimento non passa attraverso un tratto reale della persona, ma attraverso ciò che appare, attraverso ciò che si diceva in città su un Vip, anche se poi "non era vero".
1 E questi curiosi numeri che declinano nella recensione che cosa significano? Sono esattamente il metodo attraverso cui Ellis ha deciso di separare i capitoli di ogni parte del libro: come scene di un film, fino alla scena zero. E questo da un lato enfatizza il senso del libro che abbiamo già visto: tutto è film, tutto è superficie e rappresentazione; ma all'interno di Glamorama ciò avviene in modo più profondo e inquietante. Da una parte Victor si accorge, a un certo punto, che esiste un suo sosia, un suo doppio: gli altri dicono di averlo incontrato in luoghi dove è sicuro di non essere mai stato. Dall'altra, nel corso della narrazione, all'inizio in sordina, ma andando avanti sempre più chiaramente, una serie di segnali ci indica che forse le scene descritte non sono reali: dappertutto compaiono cameraman; gli eventi divengono scene, e vengono ripetute; i personaggi divengono comparse; ma tutto è vago e irrisolto, e non riusciamo a capire davvero come stanno le cose. Ciò che capiamo, ciò che Ellis vuole farci capire, è proprio questo: il potere e la centralità di ciò che appare, di ciò che sembra, rispetto alla realtà. La trama del libro si complica: un'oscura e tenebrosa vicenda di terrorismo, con il suo carico di morte e devastazione, si innesta sulla vicenda privata di Victor. Ma su questo aspetto - forse il più fragile in Glamorama - lasciamo al lettore il compito di indagare.
0 Ma attenzione: i numeri decrescono solo nelle prime quattro parti del libro. Nella quinta, l'ultima, i numeri cominciano da zero e crescono. Perché? In un'intervista Ellis afferma che lo scandire decrescente dei capitoli dà il senso del tempo di Victor, che sta per finire. Ma che nella quinta parte le cose cambiano. Victor ha un nuovo inizio, una nuova ascesa possibile.
Il mito della bellezza, della celebrità, dell'immagine: un modello di vita che Bret Easton Ellis non condivide e che, anzi, con questo suo ultimo romanzo, vuole demolire. "Per me forse il libro è cominciato in un club, o in un bar, quando ero giovane" - racconta Ellis in un'intervista - "Avevo ventisei anni, stavo guardando qualcuno che si muoveva in un modo molto trendy, alla moda, cool. Questo tipo umano che prevale ovunque - pubblicità, moda, televisione, film, riviste - mi è sembrato emblematico della nostra cultura. Ho cominciato a chiedermi perché una figura del genere si impone
è lì che è iniziato il mio disgusto." E così dopo gli "yuppies" degli anni Ottanta di American Psyco, sono i nuovi "valori" degli anni Novanta, l'esaltazione della bellezza e della notorietà, ad essere al centro della sua ironia.
Verso la metà del romanzo c'è una svolta a sorpresa: il protagonista viene sbalzato improvvisamente dal mondo del jet set a quello degli attentati terroristici. L'orrore investe il lettore senza pietà: l'ossessione dei dettagli, la precisione scientifica nella narrazione di torture e assassinii, l'alternanza di feste e omicidi, di vanità e morte, sono elementi da sempre caratteristici della scrittura di Ellis. Ma in Glamorama c'è anche una esplicita vena comica, e sono proprio le pagine più dense di umorismo e "rasserenanti" a evidenziare il baratro di abiezione che si apre sotto la superficie delle cose.
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