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"La cosiddetta luce dello spirito, per formarsi e sussistere, ha strettamente bisogno dell'uomo?Fuori di noi dovunque è buio?Oppure questo fenomeno può crearsi anche altrove purchè trovi un corpo, un organismo, uno strumento, un recipiente adatto?". Questi sono i dilemmi esistenziali che affliggono gli scienziati a cui Buzzati affida il compito di ricreare l'anima umana in una creatura artificiale. Il lettore si trova cosí di fronte ad un allucinato contrasto fra un cervello efficientissimo ed un corpo che, per quanto sentito, non esiste. Ora, io non ho letto l'ultimo romanzo di Ishiguro, ma Klara, un modello sofisticato di Amico Artificiale, mi ricorda sotto molti punti di vista Laura, la donna robot numero 1. Buzzati è un genio (non riesco a parlarne al passato, per me lui vive prepotentemente nei suoi libri), ma in questo romanzo avrebbe potuto sviluppare un tema cosí avveniristico ed originale soffermandosi maggiormente sugli aspetti della psicologia esistenziale, aspetti che nessuno come lui ha dimostrato di saper approfondire (basti pensare a "Un amore).
"Il grande ritratto", considerato un'opera minore oppure una bozza del capolavoro "Un Amore", che a breve avrebbe visto la luce, possiede in verità non i germi di un solo romanzo, ma di tutta la poetica di Buzzati. Le montagne, la natura maestosa e al contempo impietosa, le debolezze umane, l'impossibilità di una corrispondenza affettiva, il senso di estraneità che piomba inatteso nelle vite dei protagonisti e li ghiaccia, li meraviglia: forse è sempre stato accanto a loro, in loro, muto, nell'ombra, in attesa. L'elemento fantascientifico è di fatto un pretesto perché quel senso di vertigine venga allo scoperto. Vale la pena rileggerlo e riscoprirlo, dal grande ritratto fino al più piccolo dettaglio.
Non ho trovato questo racconto lungo al livello del Deserto dei Tartari, ma ho apprezzato la scrittura asciutta e disperata con la quale viene raccontato il demenziale tentativo di ricreare, meccanicamente ma non solo, un essere umano - o almeno il suo spirito. La storia non è particolarmente originale, non lo era neppure all'epoca in cui Buzzati l'ha scritta, però è ben strutturata e riesce a dare i brividi. La morale è che quando l'uomo gioca a fare Dio, provoca danni. Ma anche Dio non scherza.... Utile Commento Segnala un abuso
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