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IBS Café > Personaggio del mese

10 motivi (+1) per cui il Nobel a Bob Dylan è il migliore di sempre

Ovvero tutti i libri che spiegano perché hanno premiato il cantautore americano



1. Perché premia finalmente la letteratura popolare. È lo Shakespeare del nostro secolo. In Bob Dylan. Lyrics 1962-2001 troviamo raccolta un’opera immensa, che è come un unico grande poema, popolato da personaggi come Einstein, Johanna, Tom Thumb, Di Caprio, Mr. Tambourine, Sara, Hurricane, Ezra Pound, Romeo e Giulietta, Ofelia; e poi lo sconfinato paesaggio americano, il Titanic, Desolation Row, la pioggia di Juarez, Mobile e Duluth, le cartoline da Cannery Row, i “libri di F. Scott Fitzgerald”  e le porte del Paradiso. 

2. Perché uno scrittore come Stephen King (che meriterebbe un Nobel lui stesso per opere come It e 22/11/63), a differenza di altri scettici, si è detto “in estasi” per questo premio. E detto da un altro autore popolare è come un’ulteriore conferma. “Nei musei l’infinito viene giudicato”, scrive Dylan. E King, per anni snobbato dalla critica, potrebbe sottoscrivere. Del resto Dylan è uno degli autori più citati nei primi libri del “re”.  Just Like a Woman e Tombstone Blues sono nelle quotes del primo romanzo dell’autore del Maine, Carrie. Dylan torna anche in La lunga marcia con Subterranean Homesick Blues e in L’ombra dello scorpione con Shelter from the Storm. La stessa immagine del profilo facebook dello “zio” ricorda la cover dell’album Love & Theft di Dylan.

 

3. Perché nei primi testi di Dylan troviamo i colori e i profumi della grande letteratura americana. Le strade, per esempio, come quelle raccontate da John Steinbeck in Furore e da Jack Kerouac in On the Road e in On the road. Il «rotolo» del 1951 e, soprattutto, da Woody Guthrie in Questa terra è la mia terra e le praterie di Prateria di William Least Heat Moon (Einaudi). 

4. Perché il tempo nei testi di Dylan si appiattisce, e passato, presente e futuro si condensano, un po’ come succede in Una roccia per tuffarsi nell’Hudson di Henry Roth, un romanzo fiume, dove l’America viene vista da lontano, come un paesaggio polveroso, aperto, popolato di spetti e di vita. Un racconto epico a cui il disco Time Out of Mind di Dylan potrebbe fare benissimo da colonna sonora.

5. Perché Dylan ha continuato a scrivere cose meravigliose anche dopo gli anni Sessanta, e in Love & Theft si cimenta in una serie di racconti che sono concatenazioni di immagini simili ad Haiku, un po’ come quelli che scriveva Matsuo Basho

6. Perché il suo Chronicles è una biografia che fa avanti e indietro nel tempo, e dove un autore abituato a lavorare per immagini e metafore, ci parla in modo diretto e schietto. Ricorda tanto l’autobiografia del poeta irlandese William Butler Yeats, Biografie. 

7. Perché la sua prima raccolta di testi uscita in Italia, Blues, ballate e canzoni, ha ispirato un sacco di autori italiani, come il “dylaniato” Alessio Viola con il suo Fidati di me, fratello. Perché ha ispirato da sempre gli autori americani, dal vecchio Allen Ginsberg  di Saluti cosmopoliti fino all’odierno Ta-Nehisi Coates, autore del bellissimo Tra me e il mondo che cita Dylan in “The Beautiful Struggle: A Father, Two Sons and an Unlikely Road to Manhood”. Ed echeggia tutte le volte che un romanzo affronta la storia americana. Quale migliore colonna sonora per libri come L’affare Cage e L’albero delle ossa di Greg Iles che i primi dischi di protesta di Dylan?

8. Perché nell'album Oh, Mercy, Dylan cantava di personaggi biblici e oscuri. In particolare nella canzone The Man in the Long Black Coat c’è un predicatore che ricorda quello di La morte corre sul fiume di Davis Grubb  e le “persone non vivono o muoiono, le persone galleggiano soltanto”.

9. Perché Dylan è western. Non solo nella colonna sonora di Pat Garrett & Billy The Kid ma anche in pezzi meno noti come Blind Willie McTell che raccontano un'America desolata e desolante. Vengono in mente i paesaggi di Mark Twain in Huckleberry Finn, di A.B. Guthrie in Il grande cielo e L’ultimo serpente, di Cormac McCarthy in Meridiano di sangue.

10. Perché è un Nobel di cui sarebbe stata contenta Fernanda Pivano, che è una di quelle persone che la letteratura americana l’hanno portata qui e che per anni ha lottato perché certi autori venissero inseriti di diritto nel canone letterario. Di Fernanda Pivano è il primo articolo comparso in Italia su Dylan (nel 1966) ed è suo un bellissimo ricordo sul cantautore americano in Viaggio americano.

11. Perché da scrittore, quest’anno avrei voluto vincere il Nobel della Chimica e non quello della Letteratura, in modo da ritrovarmi lì, il 10 di dicembre, a Stoccolma, in compagnia di Mr. Dylan (sempre ammesso che lui non risponda: "I’m not there")

di Nicola Manuppelli