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Speciale Maggio dei Libri

L'autore invisibile:
i traduttori si raccontano

Anche quest’anno viene presentato al Salone del libro di Torino il progetto AUTORE INVISIBILE a cura di Ilide Carmignani. Si tratta di uno spazio dedicato alla traduzione che consente di assistere a lezioni con autori stranieri e traduttori in un utile e stimolante confronto.  Per l'occasione abbiamo chiesto ad alcuni dei traduttori presenti agli incontri di parlarci del loro lavoro.

Ilide Carmignani racconta l'iniziativa

Si potrebbe pensare che la letteratura sia un'arte universale come la pittura, eppure non è così: possiamo fruire di un quadro in modo diretto, semplicemente guardandolo, mentre la letteratura è più come la musica, ha bisogno di un interprete per dare voce a note - a parole - che altrimenti resterebbero mute.
Quell'interprete è il traduttore, l'unico capace di liberare tutta la bellezza racchiusa in un testo letterario straniero. Senza la traduzione abiteremmo province confinanti col silenzio, scriveva George Steiner, e saremmo prigionieri dei nostri confini non solo nello spazio ma anche nel tempo, perché le lingue mutano e per poter continuare a leggere i testi antichi bisogna tradurli.
La traduzione è quindi tradizione. Proviamo per un momento a immaginare che cosa accadrebbe se nelle biblioteche e nelle librerie italiane scomparissero di colpo tutte le traduzioni...
Non stupisce perciò che da diciannove anni il Salone Internazionale del Libro di Torino dedichi un ciclo di incontri a questa arte-mestiere che costituisce il sistema circolatorio delle letterature del mondo.
L’AutoreInvisibile 2019 si divide in quattro sezioni: la prima indaga la traduzione come Lezione di accoglienza, preziosa perché in tempi di migrazioni consente a una cultura di aprirsi a un’altra senza perdere se stessa; la seconda, Lo scrittore e il suo doppio, vede un confronto allo specchio tra grandi nomi della letteratura internazionale come Fernando Savater, Jhumpa Lahiri, Alan Pauls e Juan Villoro, e il loro traduttore italiano; la terza, A volte ritornano, è dedicata alle ritraduzioni di classici come Cervantes e Camus; e infine la quarta, I ferri del mestiere, esplora professionalmente il laboratorio del traduttore e tutta la filiera del libro.
Scriveva Gesualdo Bufalino: «Il traduttore è l'unico autentico lettore d'un testo. Non dico i critici, che non hanno voglia né tempo di cimentarsi in un corpo a corpo altrettanto carnale, ma nemmeno l'autore ne sa, su ciò che ha scritto, più di quanto un traduttore innamorato indovini». Ecco perché i nostri incontri sono una vera scoperta per tutti i lettori forti.

Luca Briasco racconta che cosa significa tradurre Stephen King

Cosa significa confrontarsi con la traduzione del testo di uno scrittore contemporaneo così amato e atteso dal pubblico? C’è un ulteriore elemento di tensione?

Ovviamente sì. King non è solo un autore amato e un best seller: è anche un autore di culto, con una fortissima comunità di lettori che lo seguono da decenni e conoscono nei dettagli la sua intera opera. E poiché solo una parte di questi lettori può accedere ai testi originali, la voce che King ha assunto in italiano attraverso i traduttori che hanno lavorato sui suoi libri, da Tullio Dobner a Giovanni Arduino, si è radicata profondamente nelle consuetudini di lettura. Occorre quindi, nell'affrontare un'opera di King, tenere conto di queste voci, lasciarle risuonare, senza con questo perdere il proprio approccio al testo. Mentre traducevo The Outsider, ho (ri)letto almeno sei-sette romanzi di King, con le voci di Dobner, Wu Ming 1, Arduino.

Secondo lei quali sono stati gli autori americani maggiormente influenzati dall'opera di Stephen King?

A questa domanda, in tutta onestà, non è facile dare una risposta. King è tendenzialmente rispettato (per dire, i suoi romanzi erano inclusi nelle reading list di David Foster Wallace-docente) ma anche considerato un caso a sé, e comunque un autore commerciale. Il suo influsso sugli scrittori horror è così ovvio da sfiorare la banalità; quello sugli scrittori mainstream assai più dubbio e inconfessato. A me impressionano semmai certe coincidenze: il fatto che alcuni dei capolavori di King abbiano preso di petto temi fortemente americani in contemporanea con opere mainstream ricoperte di elogi e premi. Un esempio su tutti: It è uscito nel 1986, e tra i grandi temi che affronta ci sono razzismo, misoginia, violenza, incapacità di imparare dal passato e dalla storia, esaltazione dell'oblio, del ripartire da zero cancellando il passato. Tutti tratti tipici dell'identità americana. Temi identici, in fondo, sono al centro di Beloved, il capolavoro di Toni Morrison, premio Pulitzer 1987. Beloved che, senza forzare troppo la mano, si potrebbe definire un horror (storia di fantasmi, casa maledetta, passato di sangue). Eppure, It è considerato letteratura commerciale e Beloved l'apoteosi della letterarietà...

Come si è evoluto nel tempo il linguaggio e la scrittura degli autori americani? Le è capitato di tradurre nuovi autori? Se sì, ha notato cambi nello slang?

Si sono evoluti di pari passo con la lingua, con le sue varianti regionali ed etniche. L'inglese d'America risponde, per complessità e ricchezza, alle evoluzioni di una società e dei gruppi o delle enclave che la compongono. La letteratura che risponde con maggior rapidità a queste evoluzioni, modellando attorno a esse la propria lingua, è sicuramente quella di genere. Penso a un libro che ho tradotto qualche anno fa, Balene Bianche di Richard Price. Per fortuna, esiste un ampio ventaglio di strumenti che consentono di cogliere il senso anche del fraseggio più slangato: altro discorso è renderlo in una lingua, l'italiano, in cui sullo slang prevalgono le varianti dialettali.

Una selezione delle opere tradotte da Luca Briasco

Da Stephen King a Joe R. Lansdale

Giuseppe Girimonti Greco traduce "Il bagno di Diana" di Pierre Klossowski

Quali sono state le sue difficoltà nel tradurre un autore così raffinato e complesso come Klossowski?

Il Bafometto ha richiesto ricerche accurate, soprattutto per le parti più narrative (il lungo Prologo, in particolare, che è un sofisticato omaggio a Walter Scott); ho cercato di restituire al meglio una plausibilità storica che però convive con un’atmosfera fiabesca e direi quasi “fantasy” che Klossowski ricrea con grande disinvoltura. Un equilibrio delicato, fragilissimo, che mi ha messo a più riprese in soggezione. Le parti dialogate del Bafometto e Il bagno di Diana hanno richiesto il massimo rigore per quanto riguarda le scelte lessicali, ma anche una certa elasticità: si trattava infatti di riprodurre una prosa che si presenta molto spesso sotto forma di pastiche: nel primo caso pastiche del linguaggio dei grandi mistici, ma anche degli gnostici; nel secondo, pastiche del linguaggio ‘tecnico’ delle opere mitografiche (antiche e moderne) e delle monografie di antropologia e storia comparata delle religioni (ma con gli gnostici e Nietszche sempre sullo sfondo).

Il Bafometto: come mai è stato riproposto da Adelphi?

Credo che Adelphi voglia riproporre le opere principali di Klossowski, sia narrative sia saggistiche. Si tratta di un autore “caratterizzante”, per il catalogo Adelphi, e quindi oramai imprescindibile. Questi due primi titoli, tutto sommato, possono essere considerati alla stregua di due riletture nietzschiane (e gnostiche) di – rispettivamente – un mito arcaico e un mitologema ‘moderno’ di grande richiamo quasi ‘pop’ (decadenza e fine dell’ordine templare). Ed è ben noto quanto Adelphi abbia contribuito alla ‘riscoperta’ di Nietzsche (e della tradizione gnostica: continuo ad abbinare questi due fulcri del catalogo perché è proprio in Klossowski che si trovano costantemente fusi).

Che tipo di lavoro filologico è stato fatto sul testo? Ha lavorato sul confronto con le precedenti traduzioni? In cosa il suo lavoro si differenzia da quello dei colleghi che l’hanno preceduta?

Io mi attengo sempre, scrupolosamente, alle edizioni di riferimento; e, ovviamente, guardo tutte le altre traduzioni disponibili. Per entrambe le opere che ho tradotto c’erano dei precedenti illustri: De Maria per Il Bafometto; Vené e Marmori per Il bagno di Diana. Nel primo caso mi sono divertito a fornire una versione più libera, più “mia” (De Maria è un traduttore molto fedele, quindi ho avuto, come si suol dire “buon gioco”); nel secondo caso mi sono sforzato invece di andare verso la massima aderenza all’originale (anche perché Marmori ha reso le pagine del Bagno in modo estremamente libero e personale: ai limiti della riscrittura). Giancarlo Maggiulli, un editor dotato di un gusto infallibile (oltre che di impagabili competenze in fatto di lessico filosofico, teologico ecc.), mi ha aiutato non solo a trovare il giusto equilibrio fra le due tendenze (aderenza versus libertà), ma anche a valorizzare la terminologia più specifica.

Per un traduttore tutte le parole sono importanti, ma mi viene da chiederle in questo caso particolare di parlarci della parola «âme» nell'opera di Klossowski.

Cerco di prestare la massima attenzione ai lemmi che afferiscono, nell’opera di questo autore, alla sfera teologica; ma, a dire il vero, i problemi più spinosi non sono emersi tanto in rapporto alla resa di «âme», quanto alla resa di altri termini che Klossowski usa con frequenza ben maggiore: «souffle», nel Bafometto; «démon», nel Bagno, ecc. In questi casi la scelta è obbligata: resa aderente, sempre: «soffio», anche se può suonare enigmatico; «demone», un traducente che rischia di suonare ambiguo, e che va inteso nella sua accezione neoplatonica (e gnostica). Sempre insidiosissima, poi, è la resa di «esprit» – come ben sanno i francesisti; soprattutto in testi che giocano di continuo con aree semantiche spesso agli antipodi (mente, spirito, anima, animo, intelletto, raziocinio, ecc.).

Una selezione delle opere tradotte da Giuseppe Girimonti Greco

Da Pierre Klossowski a Antoine Compagnon

Tradurre la fantascienza con Anna Martini

Dopo un periodo di crisi, la fantascienza vive ora una nuova fioritura e sta conquistando sempre più lettori. Quale filone della fantascienza è secondo voi quello più seguito dai lettori e perché?

Direi il filone post-apocalittico e distopico, un successo certamente legato alla coscienza sempre più acuta dei problemi ecologici che affliggono il pianeta per opera (colpa) dell’uomo. Poi c’è il tema attualissimo, già molto caro a Philip Dick, della manipolazione sociale, i pericoli della virtualità, i confini sfocati tra il reale e l’artificiale. Non soltanto letteratura in senso stretto, ma anche opere filmiche. Ha avuto un grande successo la serie tv Black Mirror, per esempio, un’antologia di storie legate agli effetti più sottilmente disturbanti delle nuove tecnologie, o Electric Dreams, adattamenti di racconti (ancora una volta di Philip Dick) anch’essi incentrati sui modi in cui la tecnologia sta trasformando la cultura in generale. Si tratta solitamente di storie che si fingono ambientate nel futuro, per parlare in realtà del presente (ma in fin dei conti la fantascienza è sempre stata questo), un presente chiaramente riconoscibile, che ci inquieta e che vorremmo arginare e correggere.

Che tipo di linguaggio troviamo nei libri di fantascienza e quali sono le caratteristiche narrative che differenziano questo tipo di scrittori dagli altri generi letterari? C’è una specifica competenza che viene richiesta al traduttore di fantascienza?

Io ho spesso tradotto letteratura cosiddetta “di genere”: fantascienza, fantasy, noir, thriller. Ma mi sembra che fondamentalmente per il traduttore le difficoltà siano sempre le stesse, il metodo di lavoro non cambia: ascoltare il testo, smontarlo e rimontarlo. Uno strumento prezioso è sempre farsi aiutare dalle persone giuste. Cercare gli esperti e farli parlare, “rubare” da loro soluzioni e trovate. E farsi leggere, ascoltare i consigli e le critiche. Il linguaggio è sempre diverso, poi naturalmente ogni autore ha i suoi stili e i suoi stilemi. Il genere “fantascienza” non è una gabbia, è solo un nome convenzionale. Il grande fratello di Orwell è fantascienza? E certi racconti di Poe? Se per esempio si guarda alla voce Fantascienza su Wikipedia si trovano elencati decine di filoni e di sottogeneri, perciò direi che il problema è sempre quello: il traduttore, più che una specifica competenza, dovrebbe avere una cultura enciclopedica, sterminata; questo certamente non è il mio caso. Quindi la “simpatia” per un genere, per esempio il fatto di essere cresciuta leggendo le antologie curate da Fruttero e Lucentini (Le meraviglie del possibile, Scendendo - romanzi e racconti di fantascienza sotterranea) e seguendo avidamente tutte le puntate di Spazio 1999, può aiutare a riconoscere un’atmosfera, uno stile, e soprattutto aiuta a lavorare in maniera vivace, senza perdere interesse e attenzione. Con un testo che mi piace, mi viene naturale fare uno sforzo in più per renderlo al meglio; con un testo che mi annoia, sono più tentata di “lasciar correre” quando trovo un inciampo. In linea generale, si può forse dire che per la fantascienza le difficoltà di traduzione si incontrino più sul piano terminologico, lessicale che su quello stilistico; gli autori inventano di sana pianta creature, oggetti e situazioni, e la loro fantasia spesso si sbriglia quando si tratta di attribuire nomi a queste loro creazioni. Ma bisogna dire che spesso sono nomi facili da tradurre proprio perché fantasiosi: ci si può sbizzarrire anche in italiano. Naturalmente, aver letto molta fantascienza aiuta, ma in misura ridotta: il testo che il traduttore ha davanti va sempre affrontato con umiltà, stando pronti a qualunque sorpresa e a dubitare delle certezze acquisite.

C'è un autore, o un'autrice di fantascienza che ancora non è arrivata al pubblico italiano e che dovrebbe essere assolutamente tradotto/a secondo voi?

Qui posso soltanto dare una risposta di seconda mano: non l’ho ancora letto, ma mi sembra interessante Hannu Rajaniemi, un giovane autore finlandese-americano che nel 2010 ha pubblicato la trilogia The Quantum Thief, con protagonista il “più grande ladro di tutti i tempi”, un Arsenio Lupin proiettato in un futuro in cui i post-umani hanno colonizzato l’intero sistema solare (e per tornare alle “competenze specifiche del traduttore di fantascienza”, un recensore ci informa che “Ci sono termini usati a pagina uno il cui significato esatto scopriremo a pagina duecento”). Un’altra autrice interessante da tradurre potrebbe essere Kathleen Ann Goonan, molto apprezzata in patria (USA), di cui mi pare esistano solo un paio di racconti in italiano. È l’esponente di un nuovo sottogenere chiamato “nanopunk”, che descrive società in cui la nanotecnologia fa da padrone.

Una selezione delle opere tradotte da Anna Martini

Da Philip K. Dick a Steve Berry

Tradurre la fantascienza con Franco Forte

Dopo un periodo di crisi, la fantascienza vive ora una nuova fioritura e sta conquistando sempre più lettori. Quale filone della fantascienza è secondo voi quello più seguito dai lettori e perché?

Se parliamo di fantascienza, e non di fantastico in generale, direi che oggi uno dei filoni che più affascinano i lettori è quello dei viaggi nello spazio. Non solo Marte, la Luna, che sono tornati in auge anche grazie a recenti scoperte e imprese scientifiche (ultima la sonda cinese ammarata sul lato oscuro della Luna), oppure a film importanti che hanno stimolato l'immaginario comune (come "The Martian"), ma soprattutto l'esplorazione delle vastità dello spazio, con i misteri in esso contenuti, e con un messaggio di speranza per il futuro dell'umanità. I problemi climatici, l'inquinamento globale, la sovrappopolazione, sono altri argomenti molto sfruttati nella science fiction moderna, ma poi in qualche modo si torna a quella che viene definitiva fantascienza spaziale, perché è attraverso la conquista dello spazio che l'Uomo potrà assicurare un futuro alla propria specie, se non riuscirà a invertire la tendenza distruttiva con cui stiamo disgregando il nostro pianeta. La scoperta e la colonizzazione di nuovi mondi sono argomenti che hanno sempre affascinato lettori e scrittori di science fiction, ma adesso più che mai sembra urgente trasformare queste suggestioni avveniristiche in qualcosa di più concreto, che presto, grazie ai progressi della scienza, possa diventare realtà.

Che tipo di linguaggio troviamo nei libri di fantascienza e quali sono le caratteristiche narrative che differenziano questo tipo di scrittori dagli altri generi letterari? C’è una specifica competenza che viene richiesta al traduttore di fantascienza?

In realtà i romanzi di fantascienza moderni ricalcano letterariamente gli stessi schemi di tanta altra narrativa di genere, dal thriller al fantasy, e si fanno apprezzare per la semplicità del linguaggio che lascia spazio alle emozioni attraverso trame intriganti e la crescita e la maturazione dei personaggi, sempre più interessanti e di spessore. In questo contesto, il buon traduttore di science fiction deve essere soprattutto capace di esprimere in un ottimo italiano le suggesitoni suggerite dagli scenari immaginifici della fantascienza, ricalcando il ritmo e le atmosfere spesso incalzanti di questa tipologia di romanzi, dove c'è poco spazio all'introspezione e alla poetica, per dare sfogo all'avventura e all'azione

C'è un autore, o un'autrice di fantascienza che ancora non è arrivata al pubblico italiano e che dovrebbe essere assolutamente tradotto/a secondo voi?

Nel mondo anglosassone emergono continuamente nuovi autori, ma le voci più forti, quelle che più si sono fatte notare, sono tutte all'attenzione anche degli editori italiani, che non se le lasceranno certo scappare. Ultime in ordine di tempo due scrittrici capaci di vincere tutti i premi del settore e di ricevere apprezzamenti unanimi dagli appassionati in tutto il mondo, N.K. Jemisin e Nnedi Okorafor, che anche i lettori italiani potranno conoscere dalle pagine della collana Oscar Fantastica di Mondadori. Detto questo, credo che gli orizzonti più interesanti per la fantascienza, ancora pressoché misconosciuti dal nostro publbico, siano quelli provenienti dall'oriente, come Cina e Giappone. Autori come Liu Cixin e Ken Liu stiamo imparando a conoscerli, ma solo perché sono riusciti ad approdare prima sul mercato anglosassone (Ken Liu è un autore naturalizzato statunitense, quindi è partito già dagli USA, anche se con dinamiche narrative che non rinnegano le sue origini cinesi), ma molti altri presto sbarcheranno anche in Europa e i lettori potranno conoscerli.

Una selezione delle opere tradotte da Franco Forte

Da Frederik Pohl a Valery Esperian

Leonardo Marcello Pignataro e Matteo Amandola
traducono il "Trono di spade"

A parte il famosissimo enigma linguistico che avete risolto, l'ormai celebre Hold the door/hodor, quali sono gli altri rocamboleschi intrecci linguistici ha avete dovuto fronteggiare? Ve ne ricordati altri che vi hanno fatto uscire dai confini della mera traduzione e entrare in quello che sono veri e propri enigmi linguistici e logici?

Nella stessa puntata della «celebre» scena della morte di Hodor, che ha avuto se non altro il merito di far parlare di traduzione e di adattamento dell'audiovisivo al di là della stanca diatriba «doppiaggio sì, doppiaggio no», ci sono tre minuti in cui Arya Stark assiste a Braavos allo spettacolo di una compagnia di guitti che mette in scena una versione «comica» della morte del padre, Lord Eddard. La scena, oltre ai vari registri ¬– dal volgare al poetico-aulico – da ricreare in italiano per ottenere lo stesso effetto comico e drammatico, presenta la difficoltà aggiunta della rima alternata. Sarebbe stato facile, e il doppiaggio lo avrebbe permesso, renderla in versi liberi, ma la nostra scelta è stata quella di scriverla in rima anche nei dialoghi italiani. Impresa, a nostro parere riuscita, proprio grazie alla sinergia di due professionalità ben precise e distinte, quella del traduttore e quella dell'adattatore-dialoghista, dove su un canovaccio in rima imbastito dal traduttore forte delle sue competenze linguistiche e letterarie, l'adattatore-dialoghista è intervenuto con le sue competenze tecniche e la sua esperienza dei tempi e dei ritmi della recitazione. Sempre nel Trono di spade, in una scena del sesto episodio della seconda serie, la partenza di Myrcella da Approdo del Re per Dorne, dove la attendono le nozze combinate con Trystane Martell, è accompagnata dalla preghiera di commiato e di buon auspicio del Grande Septon. Purtroppo, le parole del sommo sacerdote sono per buona parte coperte dalle minacce sibilate da Cersei al fratello Tyrion, artefice del matrimonio, e non sono ovviamente riportate nello script originale, ma vanno comunque tradotte e adattate. Qui il compito del traduttore è stato quello di recuperare frammenti della preghiera pressoché incomprensibile nella sua interezza per permettere all'adattatore di ricostruire, praticamente riscrivendola, una preghiera plausibile per contesto e genere. Ancora una volta sulla competenza linguistica, e sull'«orecchio», del traduttore si sono innestate la creatività e la dimestichezza dell'adattatore con il prodotto in lavorazione. Ma a fronte di casi come questi più eclatanti, ce ne sono infiniti altri, meno appariscenti o percepiti, in cui ci troviamo a dover portare in italiano elementi culturali, linguistici, letterari e che rappresentano sfide non risolvibili con una fraintesa e malintesa «fedeltà» al testo, o a questa riconducibili.

Come deve essere preparato un traduttore che deve affrontare una traduzione di un'opera del genere? Quali tipo di "armi" ha bisogno e come deve essere allenato?

Il traduttore di un'opera del genere è un traduttore come qualsiasi altro, è lo stesso traduttore che traduce Beckett o geopolitica o iconografia bizantina. Le sue «armi» sono le stesse che usa altrove nel suo lavoro di tutti i giorni e l'allenamento è sempre quello quotidiano nella palestra della sua lingua. La specificità, che si coniuga in maniera diversa nei diversi momenti della sua attività, nel caso della traduzione per l'adattamento sta nel preparare una traduzione che tenga già presenti i vincoli che il prodotto audiovisivo pone e impone al dialoghista, proponendo anche soluzioni alternative, richiamando l'attenzione sulla differenza di registri, di contesti, di usi di un termine ¬– condizionati anche dalle espressioni facciali dell'attore per esempio ¬– spiegando e smontando giochi di parole ed elementi culturo-specifici per permettere poi di ricostruirli in maniera credibile, segnalando possibili tranelli e rischi di calco, e facendo ricerche. In sostanza il traduttore consegna all'adattatore-dialoghista una traduzione «fluida», ma non per questo incompleta o «interlineare», anzi.

Come lavorate insieme? Come vagliate le infinite possibili traduzioni?

Nel nostro caso, le due fasi della lavorazione sono ben distinte e separate, e ognuno fa il proprio mestiere. In genere il traduttore vede per primo il materiale audiovisivo e lo script originale – e per Hodor è stato il primo a dire «E mo'!?» ¬– ripulisce poi lo script dagli elementi che non servono alla creazione della lista dialoghi italiana, la struttura secondo le indicazioni date dall'adattatore-dialoghista e procede alla traduzione, su cui poi il dialoghista interviene. Parte delle infinite possibili traduzioni sono quindi «segnalate» dal traduttore e da queste poi il dialoghista parte per lavorarci o per elaborarne di nuove. Il momento di consultazione è per lo più sulle rese in italiano, che resta e deve restare lo strumento principe del nostro lavoro, sulla congruità di una scelta rispetto al contesto e al prodotto, e su dubbi che possono andare dal registro al tempo verbale da usare. La doppia «mano» di due professionisti con competenze diverse ma complementari contribuisce ad accrescere la qualità del prodotto finale portato in sala doppiaggio e da qui sul grande o piccolo schermo.

Una selezione delle opere tradotte da Leonardo Marcello Pignataro

Da Samuel Beckett a Lev Tolstoj

Yasmina Melaouah traduce il "Il diritto e il rovescio" di Albert Camus

Come è diventata la voce dei più grandi autori francesi? Come ha iniziato a fare la traduttrice?

Comincia tutto, sempre, con la frequentazione dei libri. Leggevo molto, da ragazzina, e ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada insegnanti luminosi che quel piacere della lettura hanno saputo conciliare con lo studio, anziché contrapporvelo. Leggevo Jack Kerouac ed Elsa Morante a casa e Rimbaud e Camus a scuola, ed era la stessa gioia, lo stesso stupore. Mi sono laureata in letteratura francese contemporanea e ho presto cominciato a fare letture di narrativa per alcuni editori. Da qui, la proposta di tradurre il primo romanzo..

Che differenza c'è nel tradurre un autore classico e un autore contemporaneo?

Un classico è un autore che continua a parlarci, a interpellarci, ma è anche a volte una sorta di monumento su cui spesso si sono depositate incrostazioni del tempo che ne hanno alterato la fisionomia. Tradurlo per me significa ritrovare la nitidezza di sguardo – e di ascolto – rispetto alla sua pagina e alla sua voce. Un autore contemporaneo invece ti sfida sovente proprio a non cedere troppo alla contemporaneità, a non cadere nei tic della tribù, per esempio, quelle mode linguistiche che sono tanto più effimere quanto più sembravo pervasive.

Quanto è importante confrontarsi con l'autore durante una traduzione?

Sembra un paradosso, lo so, ma per me è davvero irrilevante. Quel che conta è il confronto con la pagina, la capacità di leggerla in profondità, di dedicare tempo all’ascolto del suo ritmo, dei suoi movimenti segreti. La cosa più importante per tradurre è sapere leggere.

Cosa direbbe a un giovane che vuole diventare un traduttore? e magari proprio di letteratura francese?

Leggi, ama il silenzio, ascolta. E se vai a Parigi, fermati un momento sotto il platano della piccola place Louis-Aragon, sulla punta dell’Ile Saint-Louis. È il punto più bello del mondo. E poi vorrai solo passare la vita a frequentare la letteratura francese.

Puo dirci una frase di Camus che la rappresenta e rappresenta anche il suo ideale di lavoro.

Non so se rappresenta il mio ideale di lavoro, ma sono particolarmente affezionata a una frase della prefazione al Diritto e il rovescio: “(…) l’opera di un uomo altro non è che il lungo cammino per ritrovare attraverso le vie dell’arte le due o tre immagini semplici e grandi sulle quali il cuore una prima volta si è aperto”
Albert Camus, Il diritto e il rovescio, Bompiani, 2019

Una selezione delle opere tradotte da Yasmina Melaouah

Da ALbert Camus a Daniel Pennac fino a Antoine Saint-Exupéry