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Suttree - Cormac McCarthy - copertina
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Suttree

Descrizione


Per vivere Suttree pesca pesci gatto nelle acque limacciose del fiume Tennessee. E sul fiume vive, in una baracca galleggiante ai margini della città di Knoxville, fra ratti reali e metaforici. Ci si è trasferito dopo aver abbandonato un'esistenza di privilegi borghesi e pastoie religiose; l'ha fatto per vivere. Ora nel suo nuovo mondo impara ciò che il fiume insegna: che nel tutto in movimento - quel flusso ora grigio, ora bruno, nero, marrone, color peltro, ardesia, inchiostro o carbonio della cloaca maxima - "il colore di questa vita è acqua" e perciò solo "le forme più primitive sopravvivono". Alcune di esse finiscono impigliate nelle sue reti di pescatore e, volente o più spesso nolente, Suttree deve tentare di portarle in secca, magari immergendosi con loro in liquidi a più alta gradazione. Prima fra tutte la forma di uno spassoso troglodita come Harrogate, giovane topo di campagna con una passione contronatura per i cocomeri e una determinazione tanto candida quanto feroce a trasformarsi in ratto di città. A fianco di questo novello Huckleberry Finn e dei suoi guai Suttree impara altri colori dell'infinito scorrere.
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Dettagli

2009
560 p., Rilegato
9788806144401

Valutazioni e recensioni

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Marco
Recensioni: 4/5

Romanzo fluviale e limaccioso. Narrativa inesorabile come le acque del Tennesse. Cerchi di risalirlo contro corrente, imponendo un ritmo alla lettura, ma alla fine vieni trascinato via dalla prosa arcaica di McCarthy, l'ultimo romanziere medievale del XXI secolo. Biosgna adeguarsi alla tetragona ricchezza linguistica di questo paroliere incallito, un vero e proprio peso massimo delle figure retoriche. Ma è un naufragare necessario e dolce; un requiem suonato a basso volume, di notte. Mi ci sono voluti due mesi e mezzo per leggere Suttree di Cormac McCarthy. Ho attraversato l'inverno con questo volume sottobraccio. Detestandolo, maledicendolo ed infine sperando che non finisse mai. A quelli che non credono nelle corrispondenze e nel destino dedico queste righe. Sono i libri a cercare noi e non viceversa! La storia di quest'uomo che si ferma sulle sponde della propria esistenza guardandosi fluire lontano, mi ha cercato. Mi ha trovato, nello stesso posto. Sul greto dello stesso fiume interiore a guardare i rami spezzati, l'acqua mescolata dagli affluenti che si porta dietro le carcasse degli animali morti, l'acqua pura dei ghiacciai discolti, il brodo pluviale intorpidito dal fango. Prima di ripartire, prima di lasciarsi alle spalle la febbre statica che ci impedisce di guardare più lontano, tutti noi affondiamo i piedi nelle lineari strisce di sabbia aspettando che il lungo inverno passi. Sverniamo sbronzandoci di riflessioni, mangiando carne di tartaruga bollita, rimpinguando una stufa antica e crepata su di una zattera semi affondata.

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Roberto
Recensioni: 2/5

A malincuore, in quanto appassionato dei libri di Cormac mcCarthy, anche io devo dare un pessimo giudizio a questo libro. Contrariamente alle mie abitudini, ho interrotto la lettura del libro prima delle 100 pagine. Noioso, per di più spesso senza punteggiatura, si fa fatica ad appassionarsi alla storia.

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Louis
Recensioni: 4/5

Intenso, realistico e "drammaticamente" coinvolgente. Un pezzo d'America, vista attraverso gli occhi dei vinti, degli sconfitti, di chi sopravvive ai margini della società. McCarthy ha la, rara e - nel contempo - straordinaria, capacità di evocare "immagini" con le parole. Motivo, quest'ultimo, che rende i suoi scritti delle vere e proprie sceneggiature: vedi "non è un paese per vecchi".

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Voce della critica

"Eccoci arrivati in un mondo dentro il mondo. In queste lande straniere, queste foibe e sodaglie interstiziali che i giusti vedono dalle auto e dai treni, un'altra vita sogna. Deformi o neri o folli, fuggiaschi di ogni risma, stranieri in ogni contrada". Cito dalle prime, bellissime pagine di quello che in italiano ci arriva come l'ultimo romanzo di Cormac McCarthy (pubblicato però esattamente trent'anni fa in America dopo una gestazione di altri vent'anni), nell'efficace traduzione di Maurizia Balmelli.
Prima che cominci il vero e proprio romanzo, siamo già trascinati dentro quel paesaggio che è sempre parte fondamentale delle opere dello scrittore (si pensi a La strada, Einaudi, 2008), e che qui consiste di una perifericità tragicamente ridondante e nauseabonda nel suo intrico di squallore, disordine, macerie e rifiuti. Un paesaggio nuovo e sconcertante, innanzitutto perché popolato di metamorfosi e contaminazioni mostruose tra esseri umani, animali e oggetti ("Un mondo al di là di ogni immaginazione, malevolo e tattile e dissociato, lampadine bruciate come opalescenti polpi cimati color teschio ballonzolanti sul pelo dell'acqua e occhi spettrali di combustibile e qua e là forme maleodoranti di feti umani incagliati e gonfi come uccellini"); e, poi, perché tutto ciò che la città ha rimosso, accantonato, materialmente e simbolicamente rifiutato, riemerge qui come relitto, maceria scomoda e allucinante in cui la città stessa (e questo è uno degli aspetti più interessanti del romanzo), suo malgrado, si rispecchia e deve rispecchiarsi. Ed è proprio "il mondo occidentale" a comparire sulla scena quando si alza "il sipario", per rappresentare in queste periferie lo spettacolo grottesco di se stesso.
Ci troviamo nell'orrido circondario di Knoxville, dove vive il pescatore di pesci gatto Cornelius "Buddy" Suttree, le cui avventure – e, con esse, le frequenti bevute e i miseri, malsani pasti – si svolgono tutte tra le rive del Tennesse e la città in cui talvolta egli approda. Come nei romanzi tradizionali, in Dickens e nell'Huckleberry Finn a cui è stato paragonato, l'avventura è infatti al centro dell'intreccio, ed è fatta scaturire dall'incontro del protagonista con altri personaggi, e da un'idea di movimento quasi patologica, brulicante e inarrestabile. Ma è un'avventura che non segue alcun fine, alcuna meta; perché non c'è nulla da conquistare o da riscattare. Da una parte, allora, il movimento tende a rivolgersi su se stesso e a imbrigliarsi sempre in quello spazio limitato, e, dall'altra, il paesaggio, nei suoi aspetti visivi e simbolici, supera sempre di significati il personaggio.
Eppure, attori in questo raccapricciante palcoscenico, gli strambi figuri in cui si imbatte Suttree non sono privi di tratti significativi, anche se raramente assumono un vero rilievo: ad esempio il "topo di campagna" Gene Harrogate che, rilasciato dopo la condanna per avere rubato e letteralmente violentato delle angurie, medita di fare fortuna scavando tunnel sotterranei per trovare le camere blindate che custodiscono le ricchezze cittadine; oppure le due donne con cui il protagonista ha una breve relazione, Wanda e la prostituta Joyce, in fondo dotate di un'umanità che intenerisce. Gli altri hanno i nomi bizzarri di Ulysses e J-Bone, Oceanfrog, Bucket, Hoghead, Blind Richard, e si mischiano a cenciaioli e pescivendoli, pastori di capre e mucche, pescatori di molluschi e disperati di varia origine, tutti accomunati dal desiderio di stare a galla e di soddisfare i propri bisogni materiali, viziosi per insensatezza o per necessità, malati, ubriaconi e giocatori. Uniti senza sapere neanche bene da che cosa, tutti quanti dialogano (a volte in maniera un po' ripetitiva) senza virgolette, travolti dal racconto. Sono pezzi del paesaggio, appunto, rifiuti e relitti a loro volta, simboli di una violenza e di una malattia che hanno poche speranze di riscatto, di liberazione o di "guarigione".
Eppure, la poesia e l'umanità – sempre rivendicata pur attraverso la sua negazione – filtrano anche in questo mondo senza luce, che è un po' inferno e un po' allucinazione (non a caso il protagonista alla fine si ammala di febbri tifoidi e soffre di allucinazioni); illumina e stupisce come gli occhi delle mucche che svegliano Suttree nelle prime ore del giorno, "una dozzina di occhi incandescenti", "soltanto occhi", collocati a un'altezza diversa, "misteriosi nani amaurotici i cui globi oculari vagavano nell'oscurità, all'amazzone sopra un'altalena (…). Mucche, concluse. Sono mucche. Spense la torcia e tornò a distendersi. Adesso ne sentiva l'odore, dolci fragranze d'erba e latte nel vento freddo da monte. L'aria umida era satura di ogni genere di profumi".
Chiara Lombardi

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Conosci l'autore

Cormac McCarthy

1933, Providence (Rhode Island)

Cormac McCarthy è stato uno scrittore americano, vincitore del Premio Pulitzer nel 2007. Cresciuto in Tennessee, dove ha frequentato l'Università, l'ha abbandonata per ben due volte prima di dedicarsi alla scrittura.Entrato nel '53 nell'Air Force, vi è rimasto per quattro anni.Ha vissuto anche a El Paso, in Texas, e a Tesuque, nel Nuovo Messico.McCarthy non concedeva interviste e non frequentava gli ambienti letterari e mondani (del 2007 l'eccezione dell'intervista televisiva con Oprah Winfrey).Tra le sue opere ricordiamo Il guardiano del frutteto, Il buio fuori, Suttre, Meridiano di sangue, Oltre il confine e Città della pianura. Cavalli selvaggi, ha conquistato il National Book Award.Con La strada del 2007 ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa.Dalle opere...

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