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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2014
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Spesso - le numerose volte che mi capita di passare per la vicina Carnia -, mi trovo a ragionare su come dovesse essere stato vederla brulicare di calmucchi, mongoli, kirghisi e circassi. Più che altro mi immagino, alla vista dei cammelli, le espressioni attonite dei carnici i quali, ancora oggi, quando vedono la tua faccia da "foresto", a denti stretti concedono un "mandi". Gente chiusa, diffidente e poco propensa a mescolarsi, i carnici; come spesso le popolazioni di montagna, però un po' di più. Da qui la curiosità di saperne ancora circa questa particolare invasione/occupazione romanzata romanticamente (puerilmente), con stile semplice e limpido (elementare) da Sgorlon. "Ma fra loro c’era anche un anziano, un uomo sui trent’anni [😳], o anche di più, con la barba e le vesti malridotte, sotto un logoro cappotto". Quando le forze in campo, su un territorio così ristretto e in condizioni così particolari sono partigiane, tedesche e cosacche che stringono a morsa una comunità locale, credo ci voglia una penna maggiormente autorevole e incisiva per avere un quadro più lucido e attendibile di quello fornito da questo romanzetto storico in salsa rosa, modicamente utile per il contenuto, ma letterariamente modesto fino alla noia. Mi è rimasto un certo senso di insoddisfazione e di incompletezza, per cui chiederò lumi al notevole e ammirato Magris che attraverso il suo 'Illazioni su una sciabola' sono sicura saprà darmi di più da tutti i punti di vista. "Il Friuli e la steppa si somigliano almeno in una cosa: nei nostri cimiteri sono seppelliti molti italiani, e nei vostri molti cosacchi. Una specie di gemellaggio della morte".
E' il libro che mi ha fatto conoscere Sgorlon.. un autore non tra i più noti, immeritatamente secondo me.. l'ho trovato sorprendente..da leggere assolutamente.
Recensioni
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