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«Qualcosa deve succedere, ecco la spiegazione di gran parte degli impegni che gli uomini prendono. Qualcosa deve succedere, sia pure la servitù priva di amore, sia pure la guerra, o la morte.»
Clamence, brillante avvocato parigino, abbandona improvvisamente la sua carriera e sceglie come quartier generale un locale d'infimo ordine, il Mexico-City, ad Amsterdam. Presa coscienza dell'insincerità e della doppiezza che caratterizza la sua vita, Clamence decide di redimersi confessando e incitando (per sincerità, per virtù, per il gusto della dialettica) gli occasionali avventori della taverna portuale a confessare la loro "cattiva coscienza". Ma non bisogna lasciarsi ingannare: Clamence non si redime. L'eroe di Camus secondo le sue stesse parole percorre una «carriera di falso profeta che grida nel deserto e si rifiuta di uscirne».
Contenuto: disillusione, sconforto, mancanza totale di fiducia nell'essere umano, pessimismo accentuato. E, allora, vien da chiedersi: perché leggere un libro che non apre spiragli alla speranza di poter intravedere, un giorno, un mondo migliore? Perché c'è un gran bisogno di infrangere le maschere dell'ipocrisia, di abbeverarsi alla fonte della tangibilità, di svestirsi del lusso rischioso dei miracoli, che non ti toccano neanche di striscio. Camus parte per una caccia spietata all'assurdo e lo fa sul serio, con i soliloqui che tirano in ballo libertà e sottomissione, paradisi perduti e precipizi infiniti. Vi è una certa vena paranoica e una frustrante rassegnazione per la ricerca del senso di colpa e il suo possibile riassorbimento nelle istanze della vita, un egotismo che ti avvince nonostante vorrebbe beffarsi di te, delle certezze accumulate con ciclica convinzione. Nevrotizzante, dialettica, affabulatoria, narcisistica la scrittura dell'algerino libertario più osannato, ma assolutamente necessaria. Camus rapisce. Rapisce. Tipologia lettore: introspettivo.
Un testo scorrevole e di facile lettura che entra però, nei meandri più nascosti dell'io umano. Un viaggio, quello di clarence, all'interno della propria dimensione umana dove relazioni, opere e, mestieri (missioni come sostiene Clarence) mettono a nudo la nostre fragilità, la nostra "caduta"
94 pagine dense e profonde. Clemence, per quanto possa risultare poco simpatico, è un personaggio vero, realistico. Nn ha bisogno di lieto fine e fronzoli. È sempre più fedele a sé stesso nel tempo.
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