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Poco jazz e molte chiacchere in questa storia che non mi ha convinto. La struttura che non rispetta la cronologia e va avanti e indietro nel tempo non giova all'equilibrio narrativo.I personaggi sono accennati senza completarne a fondo l'identità. Tranne pochi squarci convincenti questo libro non è purtroppo riuscito a coinvolgermi emotivamente.
Nonostante il pessimo titolo italiano non sia in grado minimamente di avvicinare le suggestioni di quello originale (Half blood blues), e nonostante il jazz sia lontano da me anni luce, non ho potuto evitare di farmi avvolgere dalle atmosfere blues di cui è intrisa questa bellissima storia. Che, per inciso, mi ha fatto passare un buon mezzo pomeriggio su internet alla ricerca della reale esistenza di Hiero Falk, che come suonava la tromba lui, nessuno mai, e di cui è rimasta una sola registrazione. Ahimè non è mai esistito, ma ce ne sarebbe stato bisogno. La storia è una continua fuga dalla guerra di chi aveva solo voglia di suonare, con un bellissimo finale, in un periodo in cui qualunque cosa tu fossi, negro, ebreo, artista, americano, bianco, ubriaco, giovane, senegalese, orfano, mezzosangue, ma anche solo tedesco, comunque non andava mai bene. Mi limito a quelle che sono state le sensazioni che mi ha lasciato, di vite vissute un istante dopo l'altro con un obiettivo ben preciso da raggiungere, di retropalchi polverosi e freddi ma pieni di speranze, di "cancherone", miscuglio alcolico tanto cattivo quanto miracoloso, di tavolini rotondi e appiccicosi avvolti nel fumo, di amicizie tanto forti da rimanere intatte dopo 60 anni di disastri e tradimenti, quando in mezzo c'è la musica. Voto 8.
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