Intervista Adrián N. Bravi
Bravi ci accompagna nella pampa argentina per salvare una lingua e cultura che rischiano l’estinzione.


L'idioma di Casilda Moreira
Adrián N. Bravi
Sappiatelo: incontrare Adrián N. Bravi per fare quattro chiacchiere a proposito di letteratura e romanzi comporta dei rischi. C’è il rischio concreto, per esempio, che prendendo le mosse dall’ultimo romanzo pubblicato da questo narratore sui generis, la conversazione si sposti rapidamente sul rapporto fra lingua d’origine e lingua d’elezione. Nel caso di Adrián, nato in Argentina e residente da anni nella marchigiana Recanati, il crinale fra questi due sistemi linguistici e culturali si rivela sempre fertilissimo di conseguenze felici per i lettori, e per chiunque ami le storie che sanno farsi ponte fra culture diverse. Così nel recente L'idioma di Casilda Moreira (Exòrma, 2019), dove tema centrale del libro è una lingua indios che rischia di scomparire assieme ai soli due esseri viventi ancora in grado di parlarla. Tema centrale del libro, oltre all’idioma, è il viaggio che intraprenderà il protagonista sulle tracce di una cultura in estinzione. Una storia che ci fa venir voglia di saperne di più.
Adrián, ci vuoi raccontare qualche dettaglio sulla trama?
È la storia di un viaggio, innanzitutto. Il viaggio che compirà il protagonista Annibale - non tanto verso una località, anche se effettivamente questa esiste - ma verso una lingua. Annibale viaggerà per trovare due anziani che sono gli ultimi parlanti della lingua del popolo indios Günün a künä. Ma la situazione che Annibale troverà nella pampa argentina sarà surreale: i protagonisti, infatti, a causa di una lite avvenuta quando erano giovani non si rivolgono la parola, e non hanno nessuna intenzione di ricominciare a farlo. Annibale farà l’impossibile per riavvicinarli perché se loro non parlano, non esiste dialogo. E di conseguenza non esiste storia.
Il Professor Montefiore, prima di inviare Annibale nella Pampa gli spiega che deve riuscire a far parlare Bartolo e Casilda, perché “una lingua è viva solo quando c'è qualcuno che la parla”. Non basta quindi che una lingua sia tramandata in forma scritta: serve qualcuno che la tenga viva nelle relazioni?
Sì, perché è una lingua che vive solo sul piano orale e quindi - una volta che mancano i parlanti - vengono meno anche la tradizione e la storia del popolo cui appartiene. Un idioma non può essere ridotto solo a corpo grammaticale, è un filtro attraverso il quale interpretare e vedere la realtà. Se venisse a mancare si perderebbe il punto di vista degli indios sul mondo.
Per approfondire

La gelosia delle lingue
Adrián N. Bravi

Cronache da Buenos Aires
Alfonsina Storni

L' argentino
Ivano Porpora

La strage dei congiuntivi
Massimo Roscia

L'inondazione
Adrián N. Bravi
Non sei nuovo al tema della linguistica nella tua narrativa: d’altra parte è un argomento che attinge direttamente alla tua biografia, visto che nasci ispanofono ma approdi all'italiano. Cos’ha comportato questa scelta, nella tua vita?
Di questo tema mi sono occupato in un libricino, La gelosia delle lingue, confrontando autori che per diverse vicissitudini hanno cambiato lingua. Nel mio caso, l'aspetto principale non era tanto di appropriarmi di un corpo grammaticale e quindi imparare la grammatica, ma imparare a vedere il mondo e interpretarlo attraverso l’italiano. Questa è stata la grande difficoltà. Parlo italiano da una trentina d'anni ma lo scrivo da venti, circa, e ne ho fatto il mio idioma principale. Credo che due lingue nella stessa persona non possano coesistere allo stesso livello: una prevale sull'altra. In questo momento prevale l’italiano.
Oggi risiedi a Recanati, città di origine di tuo padre, ma anche di Giacomo Leopardi. Ti senti ispirato artisticamente dall’ombra del poeta?
Abito molto vicino a casa Leopardi e sento il suo richiamo molto forte. Devo confessare però che ho scoperto il poeta in età avanzata, avendo frequentato le scuole in Argentina. Lì non rientra nei programmi scolastici, non essendo un letterato di riferimento. Ho avuto modo di studiarlo grazie a mio padre, che possedeva libri tradotti, ma non ho compreso la sua importanza finché non sono venuto a vivere in Italia, dove ho avuto modo di leggerlo e apprezzarlo nella sua lingua madre.
Adrián N. Bravi (San Fernando, Buenos Aires, 1963) lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Nel 2004 comincia a scrivere in italiano: dopo l’esordio con Restituiscimi il cappotto (Fernandel, 2004), ha pubblicato con nottetempo La pelusa (2007), Sud 1982 (2008), Il riporto (2011), L’albero e la vacca (nottetempo/Feltrinelli 2013) con il quale è stata inaugurata la collana indies di Feltrinelli e ha vinto il Premio Bergamo 2014, L' inondazione (2015). Nel 2015 l’editoriale argentina Sofia Cartonera ha pubblicato una breve raccolta dei suoi racconti, Después de la línea del Ecuador. Nel 2012, il cortometraggio di Andrea Papini ispirato al romanzo Il riporto ha vinto la prima edizione del Premio Bookciak 2012.