Intervista a Umberto Galimberti
Il curriculum del Professor Galimberti parla chiaro: una vita intera dedicata alla scrittura e allo studio. In Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi, troviamo illustrato il pensiero di filosofi che hanno influenzato la storia dell’umanità.

Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi
Umberto Galimberti Irene...
La filosofia non è un sapere specifico, ma un incessante esercizio critico.
Durante la crescita i bambini hanno la necessità di conoscere il mondo in cui vivono e acquisire lo spirito critico essenziale per farsi largo fra le domande e le questioni della vita adulta. La filosofia, dunque, come imprescindibile strumento di formazione: con chi potevamo affrontare un tema tanto complesso, se non con Umberto Galimberti? Il curriculum del Professor Galimberti parla chiaro: una vita intera dedicata alla scrittura e allo studio. Più di venti libri pubblicati e una carriera trentennale tra licei e università prestigiose. Negli anni della sua formazione questo infaticabile intellettuale è stato a contatto con alcune fra le personalità filosofiche più importanti del Novecento. Di Karl Jaspers, «il più grande filosofo e psicopatologo del novecento», nelle sue parole, Galimberti è stato amico, prima di diventare traduttore e divulgatore delle sue opere in Italia. «Jaspers sosteneva che la visione filosofica di ogni grande pensatore è dettata dalla sua psiche», ricorda Galimberti «così ho indirizzato i miei studi verso la correlazione tra psicologia e filosofia». È attorno a questo assunto che prende forma il suo nuovo libro per ragazzi: Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi, in cui troviamo chiaramente illustrato il pensiero di filosofi che hanno influenzato la storia dell’umanità.
Ogni filosofo con le sue idee, ogni idea una preziosa lente sul mondo.
Buongiorno, Professore. Perché un libro di filosofia rivolto ai lettori più giovani?
Perché i giovani sono già filosofi!
I bambini nascono nel mondo senza avere la minima cognizione di dove sono capitati e sono sostanzialmente “folli”. Gli manca l'ordine della ragione, che consente di verificare le connessioni tra le cose. Sono all’affannosa ricerca di schemi e risposte per orientarsi nel mondo. Non hanno paura di niente e devono essere costantemente sorvegliati. Il problema però non risiede tanto nella paura quanto nell’angoscia dell’imprevedibile. Quando osserviamo i loro comportamenti ripetitivi, dobbiamo capire che è la regolarità che stanno cercando. I bambini hanno bisogno della regola perché solo la regola li toglie dall’angoscia dell'ignoto. La filosofia è fondamentale in questa fase della crescita perché fornisce la spiegazione delle cose. I ragazzi devono essere aiutati a decifrare il mondo.
Filosofia è anche prendersi cura di sé, e del proprio sapere, mettendolo in relazione con il mondo. Il libro lo spiega attraverso 100 storie di filosofi diversi. Ma quando, esattamente, il giovane Galimberti si è accorto che la filosofia era entrata nella sua vita, e quali effetti ha sortito questo incontro?
Beh, pensate che io volevo fare il medico… ma appartenevo a una famiglia molto numerosa – dieci figli, padre morto e l'unico stipendio che entrava in casa era quello di mia mamma, una maestra – così dovetti intraprendere il percorso universitario meno costoso. Mi sono dovuto affidare alle borse di studio e sono andato a fare l'operaio in Germania per un anno per potermi permettere di comprare i libri. In Germania ho anche capito che in filosofia se non sai il tedesco sei un filosofo di serie B. Mi sono dovuto dar da fare.
L'identità non è un fatto naturale ma un prodotto sociale, è il frutto del riconoscimento.
Perché la lingua tedesca è così importante in filosofia?
C’è un modo di dire piuttosto azzeccato per rispondere a questa domanda: la filosofia o è greca o è tedesca. La spiegazione risiede nel fatto che solamente queste due lingue hanno prodotto la filosofia, e lo hanno fatto grazie alla moltitudine di parole che le compongono. Vi faccio un esempio: il greco antico contava circa ottantamila parole quando il latino ne aveva a malapena quattromila. La parola non è lo strumento con cui il pensiero si esprime: è la parola stessa a generare il pensiero. Secondo gli antichi è la parola a distinguerci dagli animali, non il pensiero. L’italiano, invece, è una lingua perfetta per la letteratura grazie ad aggettivi, avverbi e sostantivi. Ma è una lingua molto scarsa dal punto di vista concettuale. Il tedesco, di contro, è una lingua concettualmente perfetta.
Lei ha scritto di un’era nella quale cerchiamo di esorcizzare l’angoscia attraverso la tecnica, ma esperiamo una perdita di senso…
A mio dire, il mondo della tecnica è molto più angosciante di quattro non lo fosse il mondo pretecnologico. La tecnica si è sviluppata oltre la nostra capacità di prevederne gli effetti. Ci stiamo muovendo a mosca cieca. I greci, fautori della cultura della “giusta misura”, avevano incatenato Prometeo per la sua colpa: aver regalato il fuoco agli uomini. Temevano l’imprevedibilità della tecnica: questa era la grande paura dell’uomo primitivo. Oggi possiamo vedere uno sviluppo autoreferenziale delle tecnologie, che non prevede cioè un benessere per l’umanità. La crescita è casuale, e il risultato imprevedibile.
Aristotele afferma che se una persona va in una città e pensa di poter fare a meno degli altri, o è bestia o è Dio.
Ci ha raccontato che stamattina, per raggiungerci, è rimasto imbottigliato nel traffico. In che modo la filosofia può esserci d’aiuto in situazioni come queste?
Già. Per venire qui, oggi, ho passato un'ora e mezza nel traffico delle tangenziali milanesi. Ma il viaggio è volato grazie a una piacevole conversazione… Quando il parlare è mosso da interesse, e non si limita solo alle previsioni meteo, è molto gradevole. La filosofia ha questa caratteristica: fa parlare la gente. I greci pensavano che la verità è in ciascuno di noi, però è confusa con le opinioni. La filosofia ha la capacità di ripulire il nostro sapere dai pregiudizi della nostra educazione e dal sentito dire. Dovremmo appropriarci di un “atteggiamento critico”, lo stesso che era ricercato da Socrate. L’antico filosofo sosteneva che un ragionamento deve stare in piedi da solo, come una colonna. Dovremmo essere educati a verificare se quello che abbiamo in testa è frutto di pregiudizi o verità solide e argomentate. Per questo motivo i filosofi “sanno di non sapere”.
Un atteggiamento dialogante è dunque presupposto fondamentale alla crescita dell’individuo, anche nella società contemporanea?
Certo! Ma non per superare l'avversario, come si fa nei talk show. Dobbiamo instaurare dentro di noi un atteggiamento tollerante. Dobbiamo ipotizzare che l'altro possieda qualcosa di superiore rispetto al nostro pensiero. Un gradiente di verità superiore al proprio arricchisce ed elimina la staticità del pregiudizio, questa è la strada a cui avvia la filosofia. È possibile cercare insieme un correttivo al proprio pregiudizio, un arricchimento della propria visione del mondo. Fra l’altro, con questo atteggiamento si evita di voler avere il sopravvento sugli altri. Possiamo evitare che i ragazzi diventino bulli e prepotenti avviandoli verso la forma relazionale corretta: il dialogo.
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Umberto Galimberti è filosofo, psicoanalista e docente universitario italiano. Compiuti gli studi di filosofia e psicologia, è stato professore ordinario di filosofia della storia presso l’Università di Venezia. Professore associato fino al 1999, precedentemente (dal 1976 al 1983) professore incaricato di antropologia culturale. Dal 1985 è membro ordinario dell'International Association of Analytical Psychology. Allievo di Karl Jaspers durante alcuni soggiorni in Germania, ne ha tradotto in italiano le opere. Ha dedicato anche alcuni studi a Edmund Husserl e a Martin Heidegger. Dal 1995 collabora con il quotidiano «la Repubblica». Tra le sue opere si ricordano: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell’Occidente (1975), Psichiatria e fenomenologia (1977), Il corpo (1983), Dizionario di psicologia (1992), Psiche e tecne. L’uomo nell’età della tecnica (1998), Gli equivoci dell’anima (1999), Orme del sacro (2000), L'ospite inquietante (2007), Il segreto della domanda. Intorno alle cose umane e divine (2008), La morte dell'agire e il primato del fare nell'età della tecnica (2009), I miti del nostro tempo (2009), Cristianesimo (2012), La disposizione dell'amicizia e la possessione dell'amore (2016), La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (2018). Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi (con Irene Merlini e Maria Luisa Petruccelli, Feltrinelli 2019).