Intervista a Luca Di Fulvio
Luca Di Fulvio «Il mio ultimo romanzo? Ha avuto una genesi faticosa tanto che temevo di non riuscire ad afferrarlo»

La figlia della libertà
Luca Di Fulvio
«Perché ho avuto tanto successo in Germania? Questione di fortuna». Quanto può essere modesto e simpatico uno scrittore? Luca Di Fulvio è sicuramente entrambe le cose, come scoprirete leggendo questa intervista che ci ha concesso in esclusiva. Ma nelle vene di questo autore atipico, che ha fatto innamorare i lettori tedeschi prima ancora di essere conosciuto in patria, scorrono anche tanto impegno e tanta passione. E il suo ultimo romanzo ne è la testimonianza più alta. A quattro anni da La ragazza che toccava il cielo (Rizzoli, 2015) Di Fulvio ci prende per mano e ci porta lungo in una città virata al color seppia, fra vicoli ove risuonano bandoneon lontani e – se si ascolta bene – si può sentire il pianto di mille ragazze innocenti. Venite a scoprire La figlia della libertà.
Abbiamo un sacco di cose da chiederti Luca, ci puoi raccontare brevemente il tuo ultimo libro, La figlia della libertà?
La figlia della libertà è un romanzo che ha avuto una genesi faticosa perché rimbalzava nella mia testa senza che riuscissi ad afferrarlo. Durante le mie letture sono incappato in una serie di vicende reali, tra le quali un commercio di ragazze che avveniva in sud America e finalmente ho capito quale sarebbe stata la voce di questo libro: la tragedia, Il dolore e la difficoltà della gente. Ma non è un romanzo di disperazione ed è proprio questa la sua forza: ci sono i sogni, la speranza, e la lotta per un destino diverso da quello che è stato scritto dalla vita. Nonostante il libro sia duro, è pieno di fiducia nella vita e di quello che possiamo ottenere se crediamo nei nostri sogni.
Al centro del romanzo c’è la tratta di prostitute avviata da un’associazione di mutuo soccorso ebraica, ci puoi raccontare questo aspetto del tuo romanzo?
All’epoca in cui si svolge il romanzo, il 1930, a Buenos Aires c'erano circa due milioni di abitanti di cui un milione era italiano. È la ragione per cui tutti gli argentini dicono di avere po’ di sangue italiano. Il problema è che la maggior parte della popolazione era di sesso maschile, così il grande affare dell’epoca divenne la prostituzione. Esisteva una società falsamente filantropica che per ottant’anni ha reclutato ignare ragazzine tra i 13 e i 17 anni nell'est Europa, per la maggior parte ebree, per rimpolpare i duemila bordelli sparsi in tutto il mondo. C'erano circa trentamila ragazze in quei bordelli e la richiesta era sempre alta perché le ragazze potevano lavorare per poco tempo prima di essere scartate e sostituite. Il volume d’affari era esorbitante per l’epoca, circa cinquanta milioni di dollari l'anno. I malavitosi potevano permettersi di comprare tutto, e tutti.
I nomi dei personaggi principali sono Rachel, Rocco e Rosetta, tutti iniziano con la lettera “r”, è una scelta casuale?
La “r” non è casuale perché è la lettera con cui inizia la parola “rinascita”. È proprio quello che ho cercato di raccontare, la rinascita di questi tre personaggi. Da italiano volevo raccontare una vicenda che la gente sembra aver dimenticato: più di trenta milioni di italiani sono emigrati in giro per il mondo alla ricerca di una vita migliore. Noi siamo stati quelli che andavano in giro con le valigie di cartone e trovo il razzismo di oggi sconcertante. Questa gente è identica ai nostri nonni e ai nostri bisnonni.
La storia di questo libro è un inno al femminismo, la speranza che uomini e donne imparino a dire “non è giusto” è un tema centrale. Ma perché è ancora oggi così difficile estirpare la violenza sulle donne?
Credo che questo libro sia il più femminista che io abbia scritto. La forza delle protagoniste anticipa l’emancipazione che è avvenuta nel secolo scorso ma che ancora oggi stenta a concretizzarsi. Le donne vengono costantemente violentate e non mi riferisco solo alla questione fisica ma anche agli stupri verbali. Allo stesso modo, sul lavoro, l’equiparazione è ancora lontana. Gli uomini dovrebbero capire che è arrivato il momento di lasciare più spazio alle donne.
«I tecnici dicono che la mia prosa “fa andare avanti”, lo chiamano page turner. A Roma diciamo “fa girà a pagina”, suona molto meglio».
Lasciamo un attimo l’ultimo libro e parliamo invece de La gang dei sogni. Cosa piace tanto della tua prosa ai lettori tedeschi?
Come forse saprete, la mia storia è molto buffa. La gang dei sogni in Italia non ha avuto alcun successo mentre in Germania ha superato il milione di copie. Sono diventato l'italiano più venduto in Germania dai tempi del Nome della rosa. Assurdo! All'inizio, quando mi chiedevano come fosse possibile, rispondevo che non ero capace di scrivere in italiano ma che avevo dei bravissimi traduttori tedeschi. Ma - scherzi a parte - credo che molto si debba al fattore fortuna. I tecnici dicono che la mia prosa “fa andare avanti”, lo chiamano page turner. A Roma diciamo “fa girà a pagina”, suona molto meglio.
Nella Gang dei sogni citi una frase di William Butler Yeats: «Nei sogni inizia la responsabilità», cosa significa per te?
È una frase che ho usato in quel libro perché credo che i sogni siano qualcosa che accade dopo. La responsabilità sta proprio in questo concetto, se la mattina quando apriamo gli occhi lasciamo che i sogni rimangano nella notte è inutile, bisogna portarli nel giorno. Le giovani generazioni devono lottare per i propri sogni.
«Se la mattina quando apriamo gli occhi lasciamo che i sogni rimangano nella notte è inutile, bisogna portarli nel giorno».
Ci consigli qualche lettura?
Tra i miei difetti ne ho uno gravissimo, leggo e rileggo sempre gli stessi libri quindi vi parlo soprattutto di classici. Il mio primo amore è stato Jack London e di lui consiglierei Il popolo dell’abisso perché permette di capire che uomo e che scrittore straordinario sia stato. In questo periodo invece sto rileggendo I miserabili di Victor Hugo che nella mia gioventù ho divorato in una settimana ma adesso credo che riuscirò a finirlo a 97 anni. Di questo libro ho un aneddoto: a un certo punto compare un piccolissimo personaggio che racchiude in sé la bontà dell'essere umano. Viene descritto in un paragrafo ma tanto basta, Hugo scrive: «teneva gli occhi bassi non per modestia o per umiltà ma perché è l'unico modo che hanno gli angeli per restare ancorati a terra». Ultimo libro che rileggo sempre volentieri è Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway che è sempre una lettura intensa, fighissima.
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Luca Di Fulvio vive e lavora a Roma. Diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, entra a far parte della comunità teatrale americana “Living Theatre” e si trasferisce con loro per sei mesi a Londra. Successivamente lavora con Andrej Waida ne “L’affare Danton”, con Mario Maranzana. Fonda con Pino Quartullo la compagnia teatrale “La Festa Mobile”. Oltre a numerosi spettacoli di successo, realizzano il cortometraggio “Exit” vincitore della Concha de Oro al Festival di San Sebastian e nomination agli Oscar. È vincitore del Premio Under 35 e segnalazione speciale dell’Istituto del Dramma Italiano con l’atto unico “Solo per amore” scritto con Carla Vangelista. I suoi libri sono tradotti da importanti case editrici come Gallimard e Albin Michel (Francia), Luebbe (Germania), Azbooka (Russia), Hayakawa (Giappone), Bitter Lemon Press (Inghilterra, Canada e USA) e poi in Spagna, Serbia, Olanda, Croazia, Slovenia, Grecia. Nel 2019 esce per Rizzoli La figlia della libertà.